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IL TRADITORE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 settembre 2019
 
di Marco Bellocchio, con Pierfrancesco Favino, Maria Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio, Fausto Russo Alesi, Giovann . (FOR ENGLISH VERSION SEE BELOW)i (Italia, 2019)

Ottenibile in DVD/Blu-ray

 

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Una delle prime cose a colpire del cinema di Marco Bellocchio è la qualità; alleata, questa, alla voglia di capire del proprio autore. Reduce da Cannes 2019, è quanto ritorna alla mente a partire dalle prime immagini de Il traditore; che subito, nella loro densità espressiva come nella logica con la quale si organizzano, riconducono l’autore ottantenne ai tempi dei suoi momenti più creativi e al tempo stesso posseduti. Il traditore del titolo è ovviamente Tommaso Buscetta, il celebre pentito di Cosa Nostra che, grazie alle proprie rivelazioni al giudice Giovanni Falcone, permise un passo storico nei confronti della mafia; provocando l’arresto e la condanna nel maxi-processo di Palermo del 1987 di 475 persone.

L’argomento mafioso non è di certo inedito, si tratta di un soggetto che ha condotto a tutta una serie di noti capolavori, americani in buona parte: da Francis Coppola con i tre episodi de Il padrino, al Martin Scorsese di Goodfellas e Casinò, il Brian De Palma di Scarface e Carlito’s Way, o ancora l’Abel Ferrara del meno diffuso ma straordinario Fratelli (The Funeral).

L’interesse del film di Marco Bellocchio attinge però solo relativamente alle medesime sorgenti di contenuto e forma sulle quali si sono costruite quelle celebri pellicole. Relativizzando, ad esempio, le scene di violenza: ma amplificando al contrario una teatralizzazione di quelle processuali, nella loro dimensione, l’incidenza componenti formali o l’impatto dei dialoghi. Molto del fascino de Il traditore nasce allora dal particolare potere di interiorizzazione dello sguardo di Bellocchio. Che permette allo spettatore di avvicinarsi progressivamente al personaggio di Buscetta: ma senza essere costretto a sposarne l’ambiguità. O di rappresentarsi l’inaudita, animalesca ferocia d un Salvatore Riina. Ma pure qui, senza doversi identificare in coloro che, magari per motivazioni non necessariamente morali, decisero progressivamente di avversarlo.

Una sorta di situazione di stallo, in definitiva. Cui concorre la collaborazione di Pierfrancesco Favino, magnifico (come d’altronde Luigi Lo Cascio o Fabrizio Ferracane nei ruoli di Contorno e Calò) nel costruire la dimensione al tempo stesso assente e volitiva del protagonista.

Al tempo stesso, della sceneggiatura: che, con un colpo di coda quasi inatteso, sembra abbandonare quella sorta di conversione verso le motivazioni di Buscetta. Quando, una volta trascorsa l’emozione suscitata dai 400 chilogrammi di esplosivo della strage di Capaci che provocarono la morte del giudice Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta, indurranno Buscetta a sondare altre regioni detenute dal potere. Quelle che gli faranno dire: “Certo, l'omicidio era stato chiesto dai cugini Salvo. Ma, come ebbi a dire durante i processi, questo era avvenuto "nell'interesse" di Andreotti".

Capace di accostare, come talvolta è occorso nel miglior cinema italiano, il senso nazionale dello spettacolo a quello più esigente della riflessione storica Il traditore avrà allora compiuto il proprio sereno ma coinvolgente cammino.

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 One of the first things that impressed Marco Bellocchio's cinema is the quality; an ally, this, to the author's desire to understand. It is what comes back to mind from the first images of The Traitor; which immediately, in their expressive density as in the logic with which they are organized, bring the 80-year-old author back to the times of his most creative and at the same time possessed moments. The traitor of the title is obviously Tommaso Buscetta, the famous repentant of Cosa Nostra who, thanks to his revelations to Judge Giovanni Falcone, allowed a historical step towards the mafia; causing the arrest and conviction in the maxi-process of Palermo in 1987 of 475 people.

The Mafia argument is certainly not unpublished, it is a subject that has led to a whole series of well-known masterpieces, American in large part: from Francis Coppola with the three episodes of The Godfather, to Martin Scorsese by Goodfellas and Casino, Brian De Palma by Scarface and Carlito's Way, or Abel Ferrara by the less widespread but extraordinary The Funeral.

The interest in Marco Bellocchio's film, however, draws only on the same sources of content and form on which those famous films were built. Relating, for example, to the scenes of violence: but amplifying, on the contrary, a theatricalisation of the procedural ones, in their dimension, the incidence of formal components or the impact of the dialogues. Much of the fascination of The Traitor then stems from the particular internalizing power of Bellocchio's gaze. This allows the spectator to progressively approach the character of Buscetta: but without being forced to marry his ambiguity. Or to represent the unprecedented, animalistic ferocity of a Salvatore Riina. But even here, without having to identify with those who, perhaps for reasons not necessarily moral, progressively decided to oppose him.

A sort of stalemate situation, in the end. The collaboration of Pierfrancesco Favino, magnificent (as Luigi Lo Cascio or Fabrizio Ferracane in the roles of Contorno and Calò) in building the dimension of the protagonist, at the same time absent and strong-willed.

At the same time, the screenplay: which, with an almost unexpected twist of the tail, seems to abandon that sort of conversion towards Buscetta's motivations. When, once the emotion aroused by the 400 kilograms of explosive from the Capaci massacre that caused the death of judge Falcone, his wife and three men of the escort, has passed, Buscetta will induce him to probe other regions held by power. Those that will make him say: "Of course, the murder had been requested by the Salvo cousins. But, as I said during the trials, it was in Andreotti's "interest"."

Able to combine, as sometimes happened in the best Italian cinema, the national sense of spectacle with the more demanding sense of historical reflection The Traitor will then have made his own serene but involving journey.

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