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L'ENFANT - UNA STORIA D'AMORE
(L'ENFANT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 dicembre 2005
 
di Jean-Pierre e Luc Dardenne, con Jérémie Renier, Déborah François, Jéremie Ségard (Belgio, 2005)
 

Sei anni dopo ROSETTA, seconda Palma d'Oro a Cannes per i due fratelli inscindibili del Belgio. I film di Jean-Pierre e Luc Dardenne si seguono e, secondo alcuni, si assomiglano; nel frattempo, continuano a impressionarci come pochi altri. Quella della ripetitività è un'accusa che è stata rivolta in passato a tanti cineasti anche fra i più grandi. Sarà pure cosi, ma intanto il cinema dei Dardenne è unico al mondo, appena simile a quello di Ken Loach per la presa in diretta sul sociale e le riflessioni politiche che induce, a quello di Truffaut per la continuità quasi figliale che lega i cineasti ai loro attori. O a quello di un Bresson, per il modo di scivolare dal materiale allo spirituale, per gli abissi di riflessione morale ed esistenziale ai quali la miracolosa essenzialità di quel cinema finisce per condurre.


Come e forse più di tutti i loro film, L'ENFANT fonde gli stimoli e la meraviglia prodotti dalla finzione cinematografica alla verità ed alle reazioni proprie all'autenticità del documentario. Meno “pensato” del precedente IL FIGLIO, con la sua cinepresa incollata alle spalle di un protagonista da seguire fino alle più estreme conseguenze; più vicino al ROSETTA che li rivelò a Cannes. O al meno noto, già straordinario, LA PROMESSE sul dramma degli immigrati clandestini con il quale esordirono. Come, e forse più di sempre, il fatto di cronaca sconvolgente ed apparentemente estraneo alle contrade occidentali di L'ENFANT riflette le caratteristiche di un cinema che ci sbatte in faccia interrogativi con la maiuscola: colpevolezza e perdono, amoralità e immaturità, infanzia ed età adulta, in tutte le contraddizioni sociali, morali o politiche dell'epoca del consumo. Ma mai inseguendole, proclamandole o tanto meno spiegandole; “solo” esponendole, passo dopo passo, sequenza dopo sequenza. Con quel minimalismo anch'esso mai compiaciuto che li contraddistingue gli autori riprendono dei comportamenti, dei dettagli minimi ma estremamente significativi; istanti di un quotidiano che ha fatto giustamente parlare di Cartier – Bresson animato. Semplicità diretta, ma all'interno di situazioni clamorosamente urgenti: che inserite in una corsa sfrenata verso una soluzione apparentemente impossibile finiscono per creare quello che è stato definito un vero e proprio thriller della coscienza.


Lui vende il loro neonato: non tanto per cattiveria, ma per un'incoscienza che solo l'ambiente, e la sua presa di coscienza riesce a spiegare. Quello di due adolescenti costretti a crescere cosi in fretta; che ancora giocano come bambini felici accanto ad una carrozzina presa a prestito, se non rubata. L'ENFANT è il titolo del film e la ragione dell'aneddoto: ma a quale dei protagonisti è stato impedito di diventare adulto? Tutta l'intelligenza, la potenza e la poesia del film dei Dardenne sono contenuti, protetti come qualcosa di prezioso che non va gridato ma forse intuito, in questo loro interrogativo al quale è impossibile sottrarci.


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