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  Stampa questa scheda Data della recensione: 21 ottobre 2013
 
di Pablo Larrain, con Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Marcial Tagle (Cile, 2012)
 

 

Santiago del Cile, 1988. Quindici anni dopo l'ascesa al potere del generale Augusto Pinochet ottenuta con la forza delle armi, la morte del presidente di sinistra Salvador Allende e l'instaurazione di una feroce dittatura, la pressione internazionale ottiene finalmente un risultato: l'organizzazione di un referendum popolare sulla richiesta di Pinochet di rimanere in carica per altri otto anni. La risposta dell'elettorato, per molti versi clamorosa e inattesa, sarà quel No al quale s'intitola ora il film di Pablo Larrain.


Non a caso. Poiché se l'avvenimento è fra quelli della seconda metà del secolo scorso che il mondo non dimentica, in patria, come accade di spesso, la tentazione è quella di stendere il velo pietoso dell'oblio. E il poco più che trentenne cineasta cileno, divenuto subito fra i più ambiti nel giro dei festival e del gusto cinefilo è fra i capofila di coloro che si oppongono a questo processo storico, psicologico e magari anche conveniente. Parrain lo ha fatto dapprima con due film (TONY MANERO, presentato a Cannes, e SANTIAGO 73 - POST MORTEM, a Venezia), duri fino alla sgradevolezza, privi di concessioni nei confronti della propria società: il primo, a proposito un ballerino che s'identifica al mitico personaggio di John Travolta essendo in effetti un serial killer, il secondo, sull'impiegato di un obitorio che impazzisce dopo aver assistito all'autopsia di Allende…


Con NO (visto anche a Locarno), Larrain conclude il trittico storico e sociale sulle tragedie nazionali: paradossalmente (ma non è pure segno di personalità artistica?) stravolge i propri toni nel farsi testimonio di quell'insperato e insolito ritorno alla democrazia. Scommette sull'ironia, se non proprio sull'umorismo al posto dello sdegno; costruisce la vicenda sulla leggerezza e su un invito all'ottimismo che gli è anche permesso dalla presenza di due attori scafati, come il magnetico Gael Garcia Bernal e l'abituale compagno feticcio Alfredo Castro. S'ispira ad una pièce di Antonio Skarmeta (l'autore, pure cileno, di IL POSTINO) e racconta di un giovane pubblicitario di ritorno dall'esilio che si vede affidare da un vecchio dirigente dell'opposizione il compito di creare la campagna televisiva in vista della votazione. Di occupare il misero quarto d'ora televisivo giornaliero che (con una certa imprudenza)) Pinochet si è risolto di concedere loro. Campione di skateboard e di look anni Ottanta più che militante politico, il disinvolto Saavedra sceglierà di convincere i telespettatori più reticenti grazie a una formula inedita: puntare sull'attrattiva dei beni di consumo più superflui piuttosto che sulla repulsione nei confronti di soprusi, violenze e torture.


Costruirà i suoi spot sulla futilità delle situazioni, su delle coreografie beate e oleografiche attorno a fasulli personaggi di cartapesta; ma, in definitiva, più vendibili di quelli grigi, benpensanti e prevedibili utilizzati dal marketing del regime. "Consumate e apritevi con gioia al futuro, piuttosto che crogiolarvi nei complessi di colpa"; pare sia stata la chiave di quella filosofia vincente. Per tradurla, Larrain ci mette l'estro della propria regia: a sottolineare l'aderenza con la psicologia del momento storico, ma anche il modernismo spiccio di quell'estetica dalle tinte impossibili. Riscopre una cinepresa video dell'epoca, il formato 4/3 e tutta la falsità di allora nelle dominanti cromatiche fasulle e nei movimenti insulsi delle riprese. Mescola infine tutto il kitsch pubblicitario con le immagini d'archivio, la finzione più inverosimile con la realtà più sofferta. Operazione ardita e anche brillante, ma non proprio priva dell'ambiguità di cui si nutre il protagonista stesso.


Grazie a un mestiere sempre più affermato al cineasta riesce allora lo sgambetto della commedia ai danni del dramma, con un brio che gli ha valso l'entusiasmo internazionale; forse non del tutto quello di giocare cosi spregiudicatamente con il fuoco. Come le luci e le ombre che hanno seguito, e continuano a seguire in Cile l'allegra avventura del pubblicitario di Pablo Larrain ne sono la prova più evidente.


   Il film in Internet (Google)
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