(For English version see below, or press first the Google Translation Button )

Unico sopravvissuto ad una catastrofe ferroviaria, Bruce Willis realizza di non essersi mai ammalato in vita sua. E comincia veramente a crederci: è invulnerabile. Tanto più che a convincerlo del tutto ci pensa Samuel L. Jackson, nei panni di un collezionista di fumetti, afflitto da una tara genetica che gli ha reso le ossa fragili come il vetro. Ansioso, non solo di scoprire un predestinato inscalfibile (da cui i due titoli, IL PREDESTINATO e UNBREAKABLE) che gli serva da alter - ego: ma di trovare una conferma al fatto che, come nella mitologia dei comics nei quali cerca consolazione, all'energia prodotta dal Male finisce per contrapporsi un'altra, generata dal Bene. O ancora, come in certi racconti della tradizione popolare, che Dio avrebbe creato gli uomini due alla volta: con le virtù dell'uno destinate a compensare le malefatte dell'altro. Detto cosi, il film di M. Night Shyamalan sembrerà semplicemente strampalato. Ed in parte lo è. Ma, nello squallore ripetitivo della Hollywood degli effetti speciali e della fiducia incrollabile nell'azione esagitata, IL PREDESTINATO è perlomeno un film dal soggetto, dal tono e pure dallo sguardo cinematografico originale. E non solo perché si tratta del clono inevitabile del successo più sorprendente della stagione precedente, l'ormai mitico IL SESTO SENSO.

Forse perché tradisce l'origine indiana (e le sue vocazioni spirituali) di un cineasta trapiantato nel grande mestiere hollywoodiano, il thriller soprannaturale di Shyamalan finisce per far figura di eccezione. Certo, il catatonico Bruce Willis incappucciato a metà strada fra il Sean Connery di IL NOME DELLA ROSA e la Morte bergmaniana de IL SETTIMO SIGILLO strizza l'occhio all'eroico dei fumetti più che alla nostalgia ed al peso referenziale del mito cinematografico. Ma la melanconia dell'ex superduro ormai afflitto da problemi di calvizie è quella di un film che rifiuta buona parte delle ricette trionfalistiche in uso: nei chiaroscuri monocromi dei suoi interni, nella precisione della sua scrittura registica (si osservi com'è ben filmata la scena di seduzione che precede quella ellittica della catastrofe nel treno)il regista indaga le psicologie dei propri personaggi. E l'atmosfera fantastica si affida all'introspezione, alla ricerca di ciò che di inquieto si annida all'interno degli individui piuttosto che alle gelatine verdognole ereditate dall'ESORCISTA.

______________________________________________________________________________

The only survivor of a railway disaster, Bruce Willis realises he has never been sick in his life. And he really begins to believe it: he is invulnerable. All the more so because Samuel L. Jackson, playing the role of a comic book collector afflicted with a genetic disorder that has made his bones as brittle as glass, completely convinces him. He is anxious not only to discover an unbreakable predestined (hence the two titles, THE PREDESTINED and UNBREAKABLE) to serve as his alter-ego, but also to find confirmation of the fact that, as in the mythology of the comics in which he seeks consolation, the energy produced by Evil is countered by another, generated by Good. Or again, as in certain tales of popular tradition, that God created men two at a time: with the virtues of one destined to compensate for the misdeeds of the other. Put like that, M. Night Shyamalan's film may seem simply outlandish. And in part it is. But in the repetitive squalor of the Hollywood of special effects and unshakable faith in over-the-top action, THE PREDESTINED is at least a film with an original subject, tone and even cinematic look. And not just because it is the inevitable clone of the previous season's most surprising hit, the now legendary THE SIXTH SENSE.

Perhaps because it betrays the Indian origins (and spiritual vocations) of a filmmaker transplanted to the great Hollywood craft, Shyamalan's supernatural thriller ends up looking like an exception. Of course, the catatonic Bruce Willis, halfway between the Sean Connery of THE NAME OF THE ROSE and the Bergmanian Death of THE SEVENTH SEAL winks at the heroic comic book hero rather than at the nostalgia and referential weight of the cinematic myth. But the melancholy of the former superhero, now afflicted by baldness problems, is that of a film that refuses most of the triumphalist recipes in use: in the monochrome chiaroscuro of its interiors, in the precision of its directorial writing (observe how well filmed is the seduction scene that precedes the elliptical scene of the catastrophe in the train) the director investigates the psychologies of his characters. And the fantastic atmosphere relies on introspection, on the search for the restlessness that lurks within individuals, rather than on the greenish jellies inherited from THE EXORCIST.

www.filmselezione.ch

3800 reviews since 1950 at your disposal

For information or comments: info@filmselezione.ch