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L'indimenticata neozelandese di LEZIONI DI PIANO ritorna al cinema, dopo un inizio di carriera formidabile; e, pure, alcune vicissitudini personali che ne avevano reso incerto il proseguimento, fino al modesto IN THE CUT di sette anni fa. Lo splendore di questo BRIGHT STAR, di questa visione preziosa e ormai rara di un'epoca nella quale c'era ancora tempo per i sentimenti, rimarrà come uno dei momenti più straordinari di un festival di Cannes particolarmente fecondo, quello del 2009. Un festival dalla fretta dilagante, a perfetta somiglianza del consumo nelle sale che seguirà, dalla globulina gorgogliante, dai lampi magari luminosi ma sempre più ad effetto, permessi dalle tecniche digitali e dall'obbligo del pugno allo stomaco.

Jane Campion ritorna invece con una biografia, vibrante come in un altro capolavoro UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA (1990) o in quel SWEETIE che ce l'aveva fatta conoscere un anno prima. Fremente, ma nel ritegno. Emotivamente sconvolgente, ma sempre nella misura. Le vette vertiginose di BRIGHT STAR si nascondono infatti proprio nella sua volontà di contenersi, nel suo commovente pudore, nell'intimismo sublime di una vicenda che più romantica di cosi non si potrebbe. La breve, intensissima storia di amore fra una giovane borghese dell'inizio Ottocento e il grande poeta John Keats, scomparso a 25 anni: storia d'amore unica, più grande, più triste e romantica (è la regista stessa a dirlo) di quella di Romeo e Giulietta, in quanto effettivamente vissuta. Unica, in quanto dedotta da un'unica fonte: le lettere scritte da Keats stesso alla sua donna, impressionanti di franchezza e di lirismo.

La maestria illustrativa della regista avrebbe potuto sfiancarsi nella ricerca del bello decorativo, nel sentimentalismo lezioso, nella lamentazione lacrimosa. Al contrario, BRIGHT STAR è di una purezza (certo, dovutamente, dichiaratamente romantica) indicibile. "A thing of beauty is a joy for ever", come recita uno dei versi più celebri del grande poeta. E il film si adegua meravigliosamente a queste parole: rendendo cosi un ritratto perfetto della situazione e di chi la abita.

Non fuggire dalla riproduzione del bello: ma ricercarne la gioia all'interno di esso. Le convenzioni, lo stato di indigenza di colui che è considerato da molti come il più grande dei poeti della sua epoca condizioneranno la sua passione per Fanny, la vicina benestante. Ma a governare il film non è tanto quel genere di tema più volte avvicinato: quanto la qualità sublime di uno sguardo, l'equilibrio donato da una luce, dall'occupazione di uno spazio, dall'intima padronanza degli attori. A quel modo, due labbra che infine si sfiorano riescono ad imprimersi per sempre nella nostra memoria. A tradurre non solo i valori di un'epoca; ma a ricordarci tutti quelli sprecati dalla nostra.

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The unforgettable New Zealander of THE PIANO returns to the cinema after a formidable start to her career and some personal vicissitudes that made her continuation uncertain, until her modest IN THE CUT seven years ago. The splendour of this BRIGHT STAR, of this precious and now rare vision of an era in which there was still time for sentiment, will remain as one of the most extraordinary moments of a particularly fruitful Cannes festival, that of 2009. It was a festival of rampant haste, a perfect resemblance to the consumption in theatres that was to follow, of bubbling globulin, of flashes that were perhaps luminous but increasingly impressive, permitted by digital techniques and the obligation to deliver a punch to the stomach.Jane Campion returns with a biography, as vibrant as in another masterpiece AN ANGEL AT MY TABLE (1990) or in SWEETIE, which introduced us to her a year earlier. Exciting, but with restraint. Emotionally upsetting, but always in proportion. The vertiginous peaks of BRIGHT STAR are in fact hidden in its will to contain itself, in its moving modesty, in the sublime intimism of a story that could not be more romantic. The short, intense love story between a young bourgeois woman of the early 19th century and the great poet John Keats, who died at the age of 25: a unique love story, greater, sadder and more romantic (the director herself says so) than that of Romeo and Juliet, because it was actually experienced. Unique in that it is deduced from a single source: the letters written by Keats himself to his wife, impressive in their frankness and lyricism.The director's illustrative mastery could have been exhausted in the search for decorative beauty, in prissy sentimentality, in tearful lamentation. On the contrary, BRIGHT STAR is of an unspeakable purity (admittedly, duly, overtly romantic). "A thing of beauty is a joy for ever", as one of the great poet's most famous lines goes. And the film adapts marvellously to these words: rendering a perfect portrait of the situation and those who inhabit it.Not fleeing from the reproduction of beauty: but seeking the joy within it. The conventions, the state of indigence of the man who is considered by many to be the greatest of the poets of his time will condition his passion for Fanny, the wealthy neighbour. But what governs the film is not so much the kind of theme that has been approached many times: it is the sublime quality of a gaze, the balance given by a light, by the occupation of a space, by the actors' intimate mastery. In that way, two lips that finally brush against each other manage to imprint themselves forever in our memory. To translate not only the values of an era; but to remind us of all those wasted by our own.

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