ELIA KAZAN, CAPOLAVORI DA RIVEDERE:  IN DVD, STREAMING, VOD...

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Splendida umiltà di Elia Kazan che, più che sessantenne e con alle spalle una carriera ricca di grandi opere e di grandi produzioni, ritrova il piacere di girare un film da 135'000 dollari in 16 millimetri, con attori sconosciuti, in casa sua. Passato dal lirismo dei capolavori degli anni sessanta (WILD RIVER, SPLENDOR IN THE GRASS) alla presa di coscienza di un Paese (AMERICA AMERICA) ed infine alla critica, alla denuncia esplicita (THE ARRANGEMENT) il regista sembra trovare, nel raccoglimento della spartana semplicità e della giustezza di I VISITATORI quello stato di grazia, quella tranquilla padronanza della visione che l'artista raggiunge al culmine della propria maturità.

Come spesso accade, è con una storia semplice che il discorso riesce a raggiungere l'universalità: due reduci dal Vietnam visitano la famiglia di un ex-commilitone che a suo tempo li aveva denunciati per aver violentato una ragazza vietnamita. Vendetta o semplice intrusione nel nucleo perfetto (uomo, donna, bambino) di una famiglia da parte di due esclusi? Sul filo di questo interrogativo Kazan amplifica prodigiosamente la propria vicenda: da semplice ritratto di una gioventù traumatizzata diviene una riflessione penetrante (la prima del dopo Vietnam americano) sulle proprie colpe.

Non vi è nulla di forzato nel film, nulla di declamatorio, di manicheistico: dei personaggi normali, solo un poco inquietanti a causa del loro passato che s'indovina sconvolgente, che evolvono sullo sfondo intimamente rassicurante di un paesaggio di neve. Una trama immacolata, destinata a corrompersi progressivamente: l'uccisione di un cane, il pasto, il rugby alla televisione, le tappe verso la scontata violenza finale.

La forza di THE VISITORS, l'agghiacciante constatazione di questa violenza che imbeve ormai gli individui, quelli della vecchia generazione e quelli delle nuove, sta nel suo tono straordinario, nell'unità dello stile registico che scandisce il tempo del racconto con un rigore perfetto, una naturalezza esemplare. La giustezza dei personaggi, la misura della visione trovano il loro esempio più alto nel personaggio della ragazza. E cioè proprio in quell'elemento "impossibile" che avrebbe fatto crollare una costruzione meno perfetta. E' invece proprio nel mutamento della donna, che da compagna, madre, tipica giovane americana da manifestazione pacifista, si fa lentamente affascinare (fisicamente, ma anche mentalmente grazie al miracolo espressivo del regista) dal Visitatore. Così, Kazan condensa mirabilmente il significato del suo studio sulle ragioni del fascismo e della violenza, sulla progressione subdola, adulatoria, ambiguamente seducente con la quale queste forme non necessariamente astratte penetrano lentamente in ognuno di noi.

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ELIA KAZAN, MASTERPIECES TO REVIEW: IN DVD, STREAMING, VOD..

* * * (*)  THE VISITORS, by Elia Kazan, with Patrick McVey, Patricia Joyce, James Woods, Chico Martinez, Steve Railsback (United States, 1972)

Date of review: May 10, 1974  

Splendid humility of Elia Kazan who, more than sixty years old and with a career full of great works and productions behind him, finds the pleasure of shooting a $135,000 movie in 16 millimetres, with unknown actors, in his home. Moved from the lyricism of the masterpieces of the sixties (WILD RIVER, SPLENDOR IN THE GRASS) to the awareness of a country (AMERICA AMERICA) and finally to the critics, to the explicit denunciation (THE ARRANGEMENT) the director seems to find, in the recollection of the Spartan simplicity and rightness of THE VISITORS that state of grace, that quiet mastery of vision that the artist reaches at the peak of his maturity.

As often happens, it is with a simple story that the discourse manages to reach universality: two veterans from Vietnam visit the family of a former comrade who had denounced them for having raped a Vietnamese girl. Revenge or simple intrusion into the perfect nucleus (man, woman, child) of a family by two outcasts? On the edge of this question Kazan prodigiously amplifies his own story: from a simple portrait of a traumatized youth he becomes a penetrating reflection (the first one after Vietnam) on his own faults.

There is nothing forced in the film, nothing declamatory, nothing sleeveistic: normal characters, just a little disturbing because of their shocking past, evolving against the intimately reassuring background of a snowy landscape. An immaculate plot, destined to become progressively corrupted: the killing of a dog, the meal, the rugby on television, the stages towards the expected final violence.

The strength of THE VISITORS, the chilling observation of this violence that now imbues individuals, those of the old generation and those of the new, lies in its extraordinary tone, in the unity of the directorial style that marks the time of the story with perfect rigour, an exemplary naturalness. The rightness of the characters, the measure of vision find their highest example in the character of the girl. And that is precisely in that "impossible" element that would have brought down a less perfect construction. Instead, it is precisely in the change of the woman, who as a companion, mother, typical young American pacifist rally girl, slowly becomes fascinated (physically, but also mentally thanks to the expressive miracle of the director) by the Visitor. Thus, Kazan admirably condenses the meaning of his study of the reasons for fascism and violence, of the sneaky, flattering, ambiguously seductive progression with which these not necessarily abstract forms slowly penetrate each of us.

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