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UZAK
(UZAK)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 marzo 2005
 
di Nuri Bilge Ceylan, con Muzaffer Özdemir, Mehmet Emin Toprak, Zuhal Gencer Erkaya, Nazan Kirilmis (Turchia, 2003)
 
Rivelazione al Festival di Cannes 2003, Gran Premio della Giuria e doppio premi di Interpretazione, UZAK è un po' la storia del cugino di città e di quello di campagna. Il primo è Mahmut, fotografo non proprio di successo a Istambul, che vive recluso nel proprio appartamento di scapolo per vocazione più che per scelta, provvisto di amante non proprio desiderata e di ex-moglie non esattamente dimenticata, presenze di gatti e problemi con i topi di città, televisione, pantofole e tanta, meticolosa occupazione di uno spazio privato, materiale e più ancora mentale. Il secondo è Yusuf che gli giunge fra capo e collo dal villaggio sotto la neve sporca di quelle contrade, imponendogli una sorta di coabitazione forzata con il proprio capitale di trasandata noncuranza, velleità di partenze sempre rinviate acuite dal porto vicino.

Al suo terzo film Nuri Bilge Ceylan impone al mondo una propria visione del tutto particolare, vicina e mai decalcata su quella di tanti maestri dell¹occupazione dello spazio e del tempo, gli Antonioni, gli Angelopoulos, i Kiarostami o gli Ozu, dei quali si dimostra ­ grazie ad una sorprendente maestria ­erede più che valido. Visione di una convivenza, breve, tragicomica ma soprattutto sprecata fra due solitudini. Parole poche, immagini di un quotidiano splendidamente acquisito nella sua lenta normalità. Contemplativo, sotto la neve del porto; ma pure caustico, impregnato di un umorismo distaccato che gli toglie ogni pedanteria; in un tono, un ritmo quasi surreale. Attento alle sfumature minime del dettaglio banale: nei comportamenti come in quell¹ambiente che, come in tutto il grande cinema, finirà per condizionarli. Minimalismo che diventa quello dei personaggi, avvicinati con delicatezza, disincanto; ed una straordinaria dose di autenticità.

UZAK significa distanza, quella che separa la realtà dagli ideali; il perimetro di un appartamento tracciato come una commovente prigione mentale nei territori, forse velleitari, dei sentimenti e delle libertà.


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