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PEPPERMINTA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 luglio 2010
 
di Pipilotti Rist, con Ewelina Guzik, Sven Pippig, Sabine Timoteo, Elisabeth Orth (Svizzera, 2009)
 
Selezionato un anno fa alla Mostra del cinema di Venezia, un fatto che continua a risultare quasi eccezionale per il nostro cinema, Pepperminta testimonia di una creatività continua, a tratti strabiliante, e libera da ogni condizionamento poetico. Al tempo stesso, questo primo lungometraggio della più celebre delle artiste svizzere nel mondo dell'arte, in particolare di quello dell'utilizzo della video nelle istallazioni museali, di una regina del MOMA di New York piuttosto che del Centro Pompidou di Parigi, dimostra quanto sia imprescindibile nel cinema la figura di un personaggio che si tende a confinare in sottofondo, quello dello sceneggiatore. Perché, mentre nell'arte plastica e figurativa, nelle istallazioni video si tende ad indirizzare sempre più (inflazione verificata ancora di recente all'ART di Basilea) la propria creatività ad un utilizzo di quel mezzo suggestivo, e oltretutto economico, l'equivoco sta diventando ormai quello di due universi che tendano a confondersi. Sfruttandosi, e quindi svuotandosi a vicenda.

Ma cinema e video art rimangono due mondi diversi, dedicati a degli spazi, dei tempi, dei momenti di fruizione che andrebbero pensati in modo autonomo. PEPPERMINTA si alimenta di una strabordante inventiva all'interno della singola inquadratura, della situazione della singola sequenza. Proprio alla maniera, insomma, delle celebri installazioni museali di Pipilotti Rist: ma indirizzate, queste, a viaggiare nella mente e nel cuore di un visitatore di passaggio, da colpire il più profondamente possibile nel tempo relativamente breve del suo transitare davanti all'inevitabile staticità dell'opera d'arte esposta.

I rischi del film nascono allora dalle caratteristiche di una progressione drammatica diversa, da una spinta in avanti che l'autrice deve riuscire ad infondere al proprio genio visionario, sia in una prospettiva estetica che in una aneddotica, addirittura morale. Materici fino alla sensualità, gli elementi del film partecipano ad una rincorsa del sogno di indubbia originalità e fascinazione: un salto nel vuoto (negli elementi liquidi, nel buio delle feritoie che si aprono nei fondali) che finisce per assorbire sia la straordinaria oggettistica che i suoi protagonisti. In questo senso il film non è mai artificioso, mai intellettuale, mai distaccato da una presa diretta con lo spettatore.

Rimane il fatto che lo spettatore di quella che perlomeno una volta si chiamava sala oscura (ma sarà sempre cosi, considerato il visionamento a domicilio con tanto di fermo-immagine a disposizione?) è abituato ad una “storia” di un certo peso, a una continuità drammatica che si organizzi sullo spazio (quante volte eccessivo e scontato…) dei fatidici centoquindici minuti. In perfetta negazione a Pepperminta e alla sua gioia per gli occhi. Ad una festa per la mente alla quale il conformismo di un cinema alieno dal coraggio dell'evasione poetica non riesce più a farci partecipare.


   Il film in Internet (Google)

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