3829 recensioni a vostra disposizione!
   

IL FLAUTO MAGICO
(TROLL FLOJTEN)
Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 aprile 1976
 
di Ingmar Bergman, con Ulrik Cold, Josef Köstlinger, Birgit Nordin, Irma Urrila, Håkan Hagegard (Svezia, 1974)
 

Che cos'è cinema? Questo FLAUTO MAGICO è una splendida risposta all'interrogativo. Poichè tutto questo non è che, “in fondo”, un'opera filmata, Bergman ha ripreso il capolavoro di Mozart su una scena teatrale, esigua. L'ha filmata senza nessun effetto, come una ripresa televisiva (e, in effetti, il film è stato prodotto dalla televisione svedese). Ha ripreso i cantanti (registrati in play-back), ha ripreso gli spettatori, gli attori che si riposano dietro le quinte, nell'intervallo. Marcando così, nettamente, il distacco fra la sua macchina da presa e la dimensione teatrale, la scena.


Eppure il FLAUTO MAGICO non è teatro filmato (come il novantacinque per cento dei film girati da quando Lumière ha inventato il giocattolo): al contrario, grande cinema. E' la storia di una complicità. Quella, commovente, fra un genio della musica ed un grande scrittore del cinema. Bergman si è nascosto dietro la musica sublime di Mozart. Mai, la sua cinepresa prende il sopravvento sulla musica, o sull'azione teatrale. Mai, vi direte, ecco che qui ha voluto mostrare allo spettatore che c'era anche lui, con il suo apparato cinematografico, la sua tecnica, le sue luci. Forse in un solo momento della pellicola, (ed è infatti la parte più discutibile) Bergman interviene: nelle riprese iniziali, durante l'ouverture, dei visi degli spettatori. Giovani, vecchi, bianchi, neri e gialli, per mostrare l'universalità di un messaggio con un procedimento abile ma forse un po' scontato. Ma da quando il sipario si alza, fino al termine, il cineasta scompare dietro la musica incomparabile di Mozart.


Eppure, costantemente, il cinema esiste: perché Bergman, costantemente, è al servizio dei due mezzi. Ogni movimento di macchina, ogni scelta di inquadratura, ogni ritmo del montaggio, ogni scelta di un determinato obiettivo è in funzione dell'opera mozartiana. Senza modificare, senza disturbare Bergman interviene su quello che illustra. Reinventa continuamente la scena e la musica, ce la spiega, ricreando uno spazio espressivo proprio, autonomo. La dimensione cinematografica nasce così naturalmente, in una unione perfetta e commovente con quella musicale dell'opera. Si è detto giustamente che Bergman svolge qui un lavoro di divulgazione, di democratizzazione, di un genere musicale che dai tempi della propria nascita era destinato ad una élite di mecenati e, comunque di privilegiati dello spirito. E' vero: l'intervento cinematografico, pur nella sua geniale discrezione ci aiuta costantemente a leggere l'opera, ci avvicina come non mai all'essenza del pensiero e dell'arte di Mozart. Si pensi, per fare un esempio, alla prima apparizione di Papageno: la tecnica di ripresa di Bergman ce lo svela, con arte impareggiabile, in pochi secondi. Eppure il tutto si svolge su una piccola scena di cartapesta, eppure gli attori si muovono come sempre nella tradizione operistica.


Ma la verità è che il linguaggio del cinema ha una propria dimensione autonoma, vive e si esprime come una scrittura: anche nei limiti ristretti di un palcoscenico, esattamente come negli orizzonti sconfinati di una prateria riesce (se usato con cognizione) a vivere di vita propria. O, come nel caso di Bergman con Mozart, di vita parallela.


   Il film in Internet (Google)
  Film dello stesso regista

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda