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SILENT SOULS
(OVSYANKI)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 febbraio 2012
 
di Aleksei Fedorchenko, con Igor Sergeyev, Yuriy Tsurilo, Yuliya Aug (Russia, 2010)
 
Nel paesaggio sterminato attorno al Volga un vedovo con l'aiuto di un dipendente compie il rito caro all'etnia alla quale risale la sua cultura. Quella dei Merya, di origine ugro-finnica ed estesasi in passato fino agli Urali: per la quale l'incontro con la natura è sempre dai privilegiare nei confronti della rincorsa alle convenzioni materiali. Così, per dare sepoltura alla moglie, i due compiono un lungo viaggio, fino a disperderne le ceneri - in un atto di comunicazione dalla dimensione ormai cosmica - nelle acque del lago dove avevano passato la loro luna di miele.

Sobrio, mai dimostrativo anche se un pò sottolineato letteriarmente nel commento off, il film (premiato per la fotografia alla Mostra di Venezia 2010) sposa la sua filosofia con la linearità dell'ambiente, in un'armonia che consola per la sua rara serenità. Durante il lungo viaggio il protagonista racconta, assieme alle memoria dei propri costumi estinti, la storia della propria coppia, attardandosi in dettagli quasi documentaristici che si faranno però sempre più intimi e sensuali. I vivi convivono sempre più con i morti: è la commozione del perdersi nell'onirico, ma pure il realismo disinibito, privo di pudore, quasi provocatorio nell'evocazione del piacere; il quotidiano e il rituale, la spiritualità e l'erotismo, Eros e Thanatos, naturalmente, e una specie di animismo che sconfina negli elementi naturali, nell'onnipresenza dell'acqua. Nella sequenza, straordinaria per tenerezza oltre che intuito espressivo, del lavacro della defunta, sempre opulenta Tanya.

Fotografo di professione, è sul filo maestro di quelle sensazioni contrastanti che il cineasta organizza il proprio sguardo, in una sorta di soggettiva dell'intimo che si alimenta dei silenzi come delle dominanti cromatiche, dei profili di paesaggi appena intravisti in lontananza come delle sontuose panoramiche sugli orizzonti sconfinati, della presenza quasi ipnotica della colonna sonora. Di un lirismo melanconico che nella ricerca dei riti perduti come nella sua quasi sfrontata ricerca del piacere si difende dall'esserlo.


   Il film in Internet (Google)

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