Nel corso di un viaggio in treno un gruppo di teppisti aggredisce dapprima una ragazza, e quindi l'imprenditore televisivo di una cittadina polacca. Terrorizzato, il fratello assiste alla scena senza intervenire: si fingerà colpito nello scontro, ma finirà per vivere nel sospetto dei suoi cari, e nella spirale della colpa.

Il peso di un soggetto: la colpa, la difficoltà e l'ambiguità del perdono, la relatività della giustizia. Il tutto indagato nella lucidità e nella poesia di una sorta di realismo laico, lontano dalle tentazioni, tutte polacche, del moralismo mistico che sfiorava certe opere pur elevate di un Kieslowski (del quale Greg Zglinski è stato allievo) o, soprattutto, di Krysztof Zanussi,

Una sceneggiatura in miracoloso equilibrio, una regia ammirevolmente efficace nel rigore, l'alternanza ritmica fra azione e stasi introspettiva, la direzione d'attori (Gabriela Muskala è, una volta ancora, di una sensibilità fremente), le musiche originali compongono un microcosmo dell'anima all'interno di un film dall'apparente suspense di tradizione hitchcockiana.

E' l'opera seconda - spesso il passaggio più laborioso nella carriera di un cineasta - che conferma appieno la dimensione civile e psicologica, oltre al talento dell'autore di origine polacca e cresciuto in Svizzera di TOUT UN HIVER SANS FEU, selezionato in concorso alla Mostra di Venezia del 2004 nonché Premio del Migliore Film Svizzero.