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MADEINUSA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 novembre 2009
 
di Claudia Llosa, con Magaly Solier, Carlos de la Torre, Juan Ubaldo Huaman, Yliana Chong (Perù, 2006)
 

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Orso d'Oro al Festival di Berlino, è la scoperta di un cinema peruviano attento ad una presa di posizione sociale oltre che artistica, e la rivelazione di una personalità prepotente che si sta affacciando alla scena internazionale, la giovane Claudia Llosa, nipote dello scrittore Mario Vargas Llosa.

Egualmente debitori della presenza di una protagonista (Magaly Solier) altrettanto determinante di quella situata dietro la cinepresa, i primi due film della regista risultano sorprendenti e affascinanti nelle diversità come nelle costanti che si portano appresso. Diversità di soggetto, ambiente, quadro psicologico.

Rivelatore etnologico della vita in un villaggio sperduto nella spettacolare prospettiva delle Ande, ed egualmente approccio drammaturgico di grande originalità, l'opera prima MADEINUSA (2006) è il ritratto di una giovane che, come indica il suo nome, sogna di fuggire verso lidi apparentemente più eccitanti. Una libertà da conquistarsi attraverso il crimine; una tragedia ancestrale, in chiave essenzialmente femminile, sullo sfondo delle feste religiose e pagane che accompagnano i tre giorni della Pasqua. Quando il Cristo, essendo morto, non può vedere: ed è quindi abolito il peccato e permessa ogni sorta di nefandezze.

Ambientazione opposta, urbana, immersa nel Perù contemporaneo quella al contrario di IL CANTO DI PALOMA. Dove un'altra figura drammatica della condizione femminile nasce dal “seno spaventato” del titolo originale. E' la sorte di chi discende dalle vittime delle atrocità sofferte dalla popolazione durante la guerriglia in atto dagli anni Ottanta al Duemila fra i ribelli del Sentiero Luminoso ed il governo; la credenza popolare che vuole i bimbi nutriti dal latte nato da quegli stupri segnati per sempre da un'angoscia psicosomatica che impedirà loro ogni accesso alla serenità esistenziale come alla sessualità.

L'interesse del cinema di Claudia Llosa non è però soltanto quello di sondare fra i riti antichi e malesseri contemporanei: ma di fonderli in una visione poetica originale ed intensa. Servito da una fotografia splendida, da una presa in diretta su un villaggio andino piuttosto che sulla Lima del centro urbano o delle bidonvilles di periferia, lo sguardo della cineasta fonde continuamente realtà e fantasia, melanconia e violenza, sensualità e repulsione, grottesco derisorio e partecipazione emotiva, impegno sociale e politico. Un materiale enorme e non completamente dominato, una composizione registica sempre creativa e un attimo compiaciuta: ma che nelle sue contraddizioni ripropone la grande energia della tradizione ispanica per il realismo magico e poetico, in uno scontro fra modernità, primitivo e barocco.

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Golden Bear at the Berlin Film Festival, is the discovery of a Peruvian cinema attentive to a social as well as artistic stance, and the revelation of an overbearing personality who is entering the international scene, the young Claudia Llosa, granddaughter of the writer Mario Vargas Llosa.

Equally indebted to the presence of a protagonist (Magaly Solier) just as decisive as the one behind the camera, the director's first two films are as surprising and fascinating in their diversity as in the constants they carry with them. Diversity of subject, environment, psychological framework.

An ethnological revelator of life in a remote village in the spectacular perspective of the Andes, and also a dramaturgical approach of great originality, the first work MADEINUSA (2006) is a portrait of a young woman who, as her name indicates, dreams of fleeing to seemingly more exciting shores. A freedom to be won through crime; an ancestral tragedy, in an essentially feminine key, against the backdrop of the religious and pagan feasts that accompany the three days of Easter. When Christ, having died, cannot see: and therefore sin is abolished and all sorts of vileness is permitted.

Opposite setting, urban, immersed in contemporary Peru is the opposite of THE SINGING OF PALOMA, where another dramatic figure of the female condition is born from the frightened bosom of the original title. It is the fate of those who descend from the victims of the atrocities suffered by the population during the guerrilla war between the rebels of the Luminous Path and the government from the 1980s to 2000; the popular belief that children are fed by the milk born from those rapes marked forever by psychosomatic anguish that will prevent them any access to existential serenity as well as sexuality.

The interest of Claudia Llosa's cinema, however, is not only to explore ancient rites and contemporary malaises, but to merge them into an original and intense poetic vision. Served by a splendid photograph, a live take on an Andean village rather than on the Lima of the urban centre or the suburban bidonvilles, the filmmaker's gaze continuously blends reality and fantasy, melancholy and violence, sensuality and repulsion, grotesque derision and emotional participation, social and political commitment. An enormous and not completely dominated material, an always creative and a smug directorial composition: but in its contradictions it reproposes the great energy of the Hispanic tradition for magical and poetic realism, in a clash between modernity, primitive and baroque.

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