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COME L'ACQUA PER IL CIOCCOLATO
(COMO AGUA PARA CHOCOLATE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 maggio 1994
 
di Alfonso Arau, con Marco Leonardi, Lumi Cavazos, Regina Torne (Messico, 1991)
 

"Il cioccolato, e la passione. Ovvero: come annegare nel piacere culinario le frustrazioni esistenziali, prime fra tutte - come no - quelle sessuali.

Tema allettante, parallelo già proposto (si pensi alle varie abbuffate cinematografiche, e non solo quelli dei Bunuel o Ferreri) ma comunque sempre stimolante (con le sue promesse di trasgressioni erotiche, e magari altre), preso in prestito da un romanzo che in Messico passa per un Via col Vento nazionale. E comunque sufficiente, per questi tempi di provocazioni scontate: se è vero che è bastato (e si pensi alla difficoltà d'imporsi per un film extra-hollywoodiano) ad issarlo ai primi posti delle classifiche americane per i film stranieri. Ed ad indici di gradimento nostrano.

A parte la cioccolata, che può anche non piacere, gli ingredienti del film di Arau sono tutti collocati con giudizio: saga familiare su sottofondo storico assicurato dal mitico Pancho Villa (igiene e buone maniere dubbie, carica sessuale assicurata), hacienda isolata per donne più o meno sole, matrigna perversa per Cenerentola costretta ai fornelli ed al celibato, balia e fantesca devota che assomiglia, ma dev'essere un caso, ad Anthony Quinn, l'amore che trionfa anche se dopo due buone orette. E pure, se vogliamo, gli attributi tecnici: attori ben diretti, fotografia professionale, musica che non si fa pregare per sottolineare le varie svolte emotive.

Tutti gli ingredienti, insomma, meno quello che il cuoco non può permettersi di dimenticare; quella che conferisce il tono alla cucina delle immagini, la "qualità" dello sguardo.

Quello di Arau sembra organizzarsi sul principio di avvolgere il tutto in una fragranza luminosa: sfuocatine evanescenti, filtri pastello, angolature esemplari e, naturalmente, tanti, tanti tramonti che da quelle parti vengono così bene. Un'estetica della poesia ad ogni costo, che nei momenti di miglior vena impedisce le possibilità di raggiungere la potenza del melodramma; ed i quelli peggiori ricorda quei calendari profumati che il barbiere ci regalava per le Feste.

Quando la cornice è di questo tipo, si ha un bel da farsi per far lievitare la torta: l'emozione si stempera nella novella ingenua, l'erotismo si smolla in un soft nemmeno di buon gusto, la trasgressione, la cattiveria rimangono nell'occhio della cinepresa.

Rimane il fatto che al pubblico tutto ciò sembra non dispiacere: se è per questo, anche le sogliole della Findus, inscatolate in quegli imballaggi così ben decorati, pare vadano a ruba."


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