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MARX PUO' ASPETTARE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 maggio 2022
 
di Marco Bellocchio, documentario ) (Italia, 2021)

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A 82 anni, l’incomparabile Marco Bellocchio aggiunge un’altra perla, fatta di una discrezione sempre più commovente, alla preziosità della sua collana. Lo fa in due modi. Proponendo dapprima uno sguardo sulla sua famiglia, accompagnandosi in particolare ai suoi quattro fratelli e sorelle ancora in vita. Scossi per sempre da quel 1968, quando Camillo, il gemello del regista, si tolse la vita a 29 anni.

E’ una sorta tutta particolare di rivisitazione, allora; ma tutta ricavata da una  intimità segreta, affinata da una emozione pudicamente trattenuta, Cosi, il cineasta la  riconduce alla sua seconda maniera,  alla propria opera; a partire da quello straordinario esordio in cinema che fu I pugni in tasca nel 1965. Autobiografia quindi? Solo in parte, in quanto condizionata ed infine esaltata da  una lucidità che viene a sovrapporsi alla commozione. Evitando così a Marx può aspettare di riferirsi alla definizione un po' trasandata di documentario.

Il pensiero corre allora a uno dei film meno citati di Bellocchio, Gli occhi, la bocca del 1982; che, assieme al film dell’esordio condurrà nel 2001 a una trilogia con L’ora della religione. Michel Piccoli sarà Giovanni, il giovane attore che , dopo aver lasciato la sua famiglia e  gli usi borghesi a Bologna ritorna dopo anni, in occasione della scomparsa del fratello, morto suicida. Wanda, la fidanzata di quest’ultimo, rifiuterà d’incontrare la famiglia; ma Giovanni se ne innamora. Anche se vicino soprattutto alla madre, accostandosi cosi  maggiormente all’autobiografia del regista.

In Marx può aspettare, diventato ormai conclusione di una tetralogia, Marco Bellocchio sembra soprattutto osservare e partecipare, più che intervenire in immagine. Ma è la forza del suo sguardo ad imporre l’attenzione dello spettatore su una quantità di materiale sopravvissuto. I film del regista, naturalmente; ma un’infinità di documenti visivi e sonori, probanti o sognanti. La famiglia si fa allora memoria, alla quale tentare di sfuggire; la realtà delle immagini testimonianza di quell’impossibilità.

* Vogliate p.f. cliccare su www.filmselezione.ch per la lettura completa della raccolta di critiche cinematografiche FILMSELEZIONE di Fabio Fumagalli

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At the age of 82, the incomparable Marco Bellocchio adds another pearl, made of increasingly moving discretion, to the preciousness of his necklace. He does so in two ways. By first proposing a look at his family, accompanying himself in particular to his four brothers and sisters still living. Shaken forever by that 1968, when Camillo, the director's twin, took his own life at the age of 29.

It is a very particular sort of revisiting, then; but all drawn from a secret intimacy, honed by a demurely restrained emotion, Thus, the filmmaker traces it back to his second way, to his own work; beginning with that extraordinary debut in cinema that was I pugni in tasca in 1965. Autobiography then? Only in part, as it is conditioned and finally enhanced by a lucidity that comes to overlap with emotion. Thus Marx può aspettare can wait to refer to the somewhat scruffy definition of documentary.

Thoughts then run to one of Bellocchio's lesser-mentioned films, 1982's Gli occhi, la bocca; which, along with the debut film will lead to a trilogy in 2001 with L’ora della religione. Michel Piccoli will play Giovanni, the young actor who , after leaving his family and bourgeois customs in Bologna returns after years, on the occasion of the death of his brother, who died by suicide. Wanda, the latter's girlfriend, will refuse to meet the family; but Giovanni falls in love with her. Although close mostly to his mother, thus approaching the director's autobiography more closely.

In Marx può aspettare, which has now become the conclusion of a tetralogy, Marco Bellocchio seems above all to observe and participate, rather than intervene in the image. But it is the force of his gaze that forces the viewer's attention to a quantity of surviving material. The director's films, of course; but an infinity of visual and sound documents, probing or dreaming. The family then becomes memory, from which to attempt to escape; the reality of the images testimony to that impossibility.

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