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LE MERAVIGLIE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 ottobre 2014
 
di Alice Rohrwacher, con Maria Alexandra Lungu, Alba Rohrwacher, Sam Louwyck, Monica Bellucci, Sabine Timoteo (Italia, 2014)
 
Il titolo del secondo film di Alice Rohrwacher si presta a tanti giochi di parole, l'omonimia della regista con la mitica protagonista del celebre romanzo di Lewis Carroll essendo forse stata la prima, delicata tentazione nella genesi di un'opera dalle molte connotazioni autobiografiche. Anche se, figlia di un padre tedesco addetto all'apicoltura e cresciuta in una masseria di campagna simile a quella del film l'autrice, come sempre accade in questi casi, ovviamente lo nega.

Questa non è però che la prima coincidenza fra le tante di un film che vive innanzitutto come atto di fede in quel paese delle meraviglie che costituisce per ognuno di noi il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. E' l'universo di questa storia di Gelsomina e delle sue tre sorelle; di un loro padre, apicoltore scorbutico ma determinato nell'imporre le proprie intuizioni che tenterà disperatamente di proteggerle. Confinandole in uno spazio ancora agreste, duro e faticoso, ma bucolico e incantato; anche se assediato fino alla disgregazione che indoviniamo vicina da tutto quanto incombe ormai dall'esterno, speculazione, urbanizzazione, fine-civiltà, burocrazia, globalizzazione. Ma da altre meraviglie, millantate e quindi ancora più subdole, la famiglia e l'inquieta Gelsomina andrebbero protette. Come quelle improvvisamente promesse dalla trasmissione televisiva a premi che sbarca nei paraggi; con le sue riprese su sfondo di cartapesta, il miraggio dei soldi (che permetterebbero la ristrutturazione imposta dalle autorità al vetusto laboratorio del miele famigliare), l'illusione di una fuga in un'Italia intitolata come il telequiz Il Paese delle Meraviglie. o, infine, l'incanto balengo della Fata Turchina conduttrice, che una Monica Bellucci ingessata in uno strato di paramenti esotici, rimmel e ceroni riassume con efficacia in alcune sequenze discutibili.

Raccontato cosi, il film parrebbe costruito su delle tesi non proprio inedite. Ma, una volta ancora, è il meraviglioso a esaltare Alice e la sorella Alba: regista la prima, attrice affermata la seconda, qui nel ruolo soffuso di una mamma disincantata. E uno degli incanti di LE MERAVIGLIE nasce proprio dall'armonia tutta istintiva di questo incontro fra le due sorelle: dalla straordinaria semplicità, la naturalezza quasi da filmino in famiglia, la facoltà mai costruita nel cogliere la verità dei personaggi e delle situazioni da parte della visione di Alice e del muoversi di Alba. Una facilità rara, che le formule consumistiche del cinema italiano hanno perso da anni.

Lo sguardo di Alice, l'interpretazione di Alba e della giovane rivelazione Maria Alexandra Lungu s'incollano perfettamente alla realtà, colgono l'autenticità delle cose non dette: ma si impreziosiscono ulteriormente quando se ne allontanano. Già nel suo primo, riuscitissimo CORPO CELESTE si parlava della fatica per le cose dello spirito ad avere ragione su quelle materiali. In LE MERAVIGLIE quella cronaca cosi puntigliosa da apparire banalmente naturalista di un'estate campagnola (quasi un documentario, osservato alla lente, sull'apicoltura; o l'istante presente, quasi palpabile, delle mani staccano il pomodoro dallo stelo; e la burrasca, il vento, il fango di una natura forse infida) si affina all'improvviso rifugiandosi nel fantastico. Allora le api sbucano fra le labbra delle ragazzo, un cammello è apportato in dono: la straordinaria freschezza con la quale sono colti i rapporti fra i protagonisti diventano un viaggio più allusivo, uno specchio di intimità più segrete.

Nel suo continuo rinvio fra realtà e fantasia, in quell'andirivieni fra L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI e il Fellini al quale ci rinvia anche solo il nome di Gelsomina, non è che tutto scorra sempre liscio. Il film talvolta forza un po' la mano, come in quella figura di padre padrone da in definitiva amare, che l'attore fiammingo Sam Louwyck restituisce a tratti con un impeto cosi truce da apparire caricaturale. Ma il cinema nasce dalla qualità di uno sguardo; e quello della poco più che trentenne Alice Rohrwacher è fatto per continuare a incantare.


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