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SANGUE DEL MIO SANGUE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 21 settembre 2015
 
di Marco Bellocchio, con Roberto Herlitzka, Piergiorgio Bellocchio, Lidya Liberman, Alba Rohrwacher (Italia, 2015)
 
Si dice che SANGUE DEL MIO SANGUE sia un film piccolo, di un grande regista. Piccolo il film lo è nella sua gestazione, come la racconta l'autore:  Tre anni fa, mentre giravo con gli studenti della mia scuola estiva di Bobbio (il villaggio piacentino di casa, fin dai tempi di I PUGNI IN TASCA) ho pensato di ambientarci la storia della monaca seduttrice che, per riscattare dalle fiamme dell'inferno l'anima dell'amante ucciso, deve dichiararsi strega; e che, dopo le terribili prove dell'Inquisizione, verrà murata viva. Così, ho girato un cortometraggio.

In seguito, però, il regista ha voluto attualizzarne i temi. E ha girato un altro cortometraggio, in ambiente contemporaneo, ma negli stessi luoghi, il medesimo protagonista (il figlio Piergiorgio) e buona parte degli stessi attori. Due universi distanti quattro secoli, ma una stessa forma di sopraffazione da parte di chi detiene il potere: allora la Chiesa, oggi le ultime propaggini della DC, la Mafia, il denaro, gli eterni vampiri cui allude il titolo.

La prima cosa che colpisce di Marco Bellocchio è la qualità del suo cinema. L'incipit e tutta la prima parte di SANGUE DEL MIO SANGUE ripercorrono un aneddoto che ci è noto. Ma ad imporsi immediatamente è la splendida sagacia dello sguardo, l'essenzialità nel cogliere i significati dei dettagli, l'inserimento in un ambiente che ne amplifica i rinvii poetici e morali, la ricerca di un'immagine non solo sopraffina, ma mirabilmente funzionale, oltre che emozionante, alla nostra comprensione.

Il film non è privo di qualche scompenso, il fatto di aver incollato i due cortometraggi non giova alla fluidità fra i due momenti, i tempi della seconda parte non si costruiscono con la perfetta scansione di quelli della prima. E concorrono così a distrarre lo spettatore, attento a ricercare i rinvii fra i significati dei rinvii delle sontuose cadenze del Seicento e i toni disinvolti, quasi macchiettisti del secondo livello narrativo.   

Il fascino del cinema di Bellocchio soffre però relativamente di questi problemi d'impostazione. Rimane di un'energia creativa incantevole, di una varietà di tono spregiudicata: come in quell'humour deliziosamente scanzonato delle sequenze erotiche con Alba Rohrwacher e Federica Fracassi. Di un coraggio narrativo e un'intuizione espressiva intatta; che gli fa ancora inventare la chiusura, quasi una terza parte, splendido omaggio alla forza di ogni donna.


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