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IL VOLO
(O MELISSOKOMOS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 dicembre 1987
 
di Theo Angelopoulos, con Marcello Mastroianni, Nadia Mourouzi, Srge Reggiani (Grecia, 1987)
 

"IL VOLO (L'APICULTEUR nella versione francese) è la storia di due solitudini. Diverse ed identiche al tempo stesso: il protagonista è un uomo maturo, disilluso, a disagio nel proprio ruolo sociale e famigliare, privato del proprio passato (di protagonista della Resistenza, di insegnante, il regista si limita a pochi accenni). Lei è una ragazzina in jeans: la sua è la solitudine che nasce dall'assenza di memoria, dall'impossibilità di scambi che non siano quelli superficiali dettati da una presunta disponibilità, da una fraintesa libertà. Lui, come l'autore del film, esce dalla Grecia dei colonnelli per ritrovarsi in quella del conformismo borghese. Lei, nell'epoca del consumismo, ci è nata.

Lui è Mastroianni (sobrio come non mai, pietrificato in quell'ultima spiaggia, incredulo sulla possibilità che l'amore, o perlomeno la passione, possa scongiurare la fine delle illusioni, grandioso): sceglie l'ultima soluzione di ogni ribelle in fase di smobilitazione, la migrazione.

Parte su un camion con le sue arnie, e attraversa la Grecia che non è quella dei prospetti turistici; fatta di resti di neve che si sciolgono, di misere locande, d'insegne scolorite. Per arrendersi all'evidenza: che la sua stanchezza precocemente affrontata non gli permette ormai più di penetrare un corpo vigoroso (in una scena d'antologia, sul palco di un cinema in disuso, nella quale la riflessione espressiva autobiografica dell'autore sposa meravigliosamente la logica del racconto).

Questa storia di un uomo carico di storia che finisce per lasciarsi uccidere dalle proprie api (in un'altra scena memorabile) è uno delle più disperate di Angelopoulos: ma segna anche il passaggio, nella carriera di questo cineasta dal genio talora difficile, a delle dimensioni più umane.

La Grecia è cambiata, e non solo la Grecia: passando dalla storia collettiva (quella dei film che lo resero celebre, LA RECITA, I CACCIATORI) a quella individuale, egli firma qui il suo film più intimista. Il suo lirismo è intatto: e nella sofferta mutazione di un'osservazione esistenziale, che si è sostituita allo slancio rivoluzionario, ci accorgiamo anche che Angelopoulos rimarrà nel cinema non soltanto per aver divulgato il piano-sequenza."


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