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PINA 3D
(PINA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 novembre 2011
 
di Wim Wenders, con Pina Bausch, Regina Advento, Malou Airoudo, Ruth Amarante (Germania, 2011)
 
Negli ultimi anni a Wim Wenders i documentari vengono decisamente meglio delle opere di pura finzione. Ma è possibile definire PINA un semplice documentario alla memoria della grande Pina Bausch e del suo Tanztheater, grazie alla testimonianza delle immagini dei suo celebri spettacoli, da LE SACRE DU PRINTEMPS a CAFE MULLER, da VOLLMOND a KONTAKTHOF ? Evidentemente no. E non solo perché stiamo parlando dei risultati di un incontro fra due sommi creatori, una delle più grandi coreografe della storia con un maestro indubbio del cinema moderno. E non solo per l'itinerario di questo incontro: sofferto, maturato nel tempo, ma brutalmente interrotto tre giorni prima dell'inizio delle riprese da parte di Wim Wenders dall'improvvisa scomparsa dell'artista.

La collaborazione si è allora tramutata in omaggio; ma pure qui in qualcosa di diverso. Poiché PINA, per una di quelle mutazioni quasi inesplicabili e affascinanti che nascono all'interno di un processo d'invenzione artistica, si è trasformato in una creatura inedita. Un fenomeno a più teste, in equilibrio magicamente instabile fra un'arte essenzialmente concreta, legata al corpo come la danza; e una rappresentazione dagli imprevedibili rinvii, evanescente ed astratta come può diventare quella cinematografica.

Il film non può allora che iniziare, prima di progressivamente sottrarsi, dallo stesso spazio scenico che ha visto nascere l'arte di Pina Bausch. Ecco quindi uno spazio teatrale, dapprima deserto: quindi uno schermo, sul quale affiora, quasi in filigrana, l'immagine della coreografa dal magico profilo inconfondibile, in quella che sarà una delle poche, commoventi apparizioni nel film.

Wenders si è dapprima limitato a filmare le varie pièces nell'asse classico e frontale, da sempre privilegiato dalla Bausch. Ma la memoria da preservare, ben oltre la banale riproduzione di tipo televisivo, era però quella che si nascondeva nell'intimità (fisiologica ma ancora più artistica) dei ballerini e interpreti. Ecco allora l'idea di sviluppare il ricordo, il gesto, i suoni e le musiche in spazi inediti che la prolungassero: per le vie di Wuppertal, nella natura circostante, negli spazi anche cinematograficamente allusivi come il celebre metro aereo inscindibile dall'universo wendersiano dei tempi di ALICE NELLE CITTA'. Ecco l'uso della 3D, in quello che molti considerano il miglior risultato ottenuto finora, per confrontare lo spazio dello spettatore alla dimensione corporea dei danzatori. E con questo, una sorta di effetto stroboscopico. Ottenuto interrompendo la continuità delle immagini, imponendo un ritmo composto da un seguito armonioso di scatti, di frammenti poetici che isolano e inventano una riproduzione. Rivelatrice, nella sua sorta di distaccata esaltazione, del gesto mitico e dell'invenzione spaziale di Pina Bausch.

Uno spazio fatto per protagonisti “qualunque”, giovani e vecchi, belli e brutti: cosi umano, cosi innovativo nei confronti dell'universo spesso ingessato del balletto classico. In questo senso Pina Bausch non è stata soltanto la grande coreografa: e l'approccio di Wim Wenders, quel suo modo di risvegliare il fantasma intravvisto sullo schermo iniziale per proiettarlo nella realtà che le è sopravvissuta, rappresenta un altro miracolo commovente permesso dall'immaginazione artistica.


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