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LA CADUTA
(DER UNTERGANG)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 maggio 2005
 
di Oliver Hirschbiegel, con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Julian Köhler (Germania, 2004)
 
“Mostrare Hitler come un essere umano non equivale a umanizzarlo”, cosi Bernd Eichinger che ha prodotto e sceneggiato un film che dei tedeschi hanno voluto, discusso e sofferto per la prima volta dopo sessanta anni. Mostrare gli ultimi dodici giorni di colui che è considerato il più grande criminale di tutti i tempi, far interpretare dal memorabile mimetismo di Bruno Ganz quella sorta di relitto umano dalle membra tremolanti, accasciato in un angolo, isterico con gli accoliti ma cortese ed affettuoso con chi lo accompagnava le sue ultime ore nel bunker, ancora irriducibilmente farneticante sui destini dell'umanità ma sufficientemente lucido nella malvagità estrema di mandare a morte quello che restava della Germania e dei suoi abitanti, conferire un taglio del genere ad un film che alterna questa volontà di sposare l'intimità a delle sequenze para-documentaristiche (piuttosto convenzionali) di quanto accade nelle strade di Berlino ormai invasa dalle armate sovietiche, tutto questo comportava non pochi rischi.

A LA CADUTA bisogna riconoscere di avere avuto il coraggio di affrontarli: poiché, come è stato detto, se vogliamo comprendere il nazismo dovremo ammettere che è nato dalla volontà degli uomini, per non dire di uno solo. E non dalla ricorrenza astratta, metafisica della malvagità assoluta.

Coraggio, allora, di affrontare la catarsi; a prescindere dalla polemica ormai risaputa di non avere avuto il coraggio di affondare il bisturi a fondo, mostrando la scomparsa fisica dei corpi di Hitler e di Eva Braun. E, impotenza al tempo stesso: non tanto nei limiti squisitamente cinematografici di un lavoro segnato dalla lunga, ciondolante progressione drammatica della sceneggiatura (un colmo, vista la situazione…). Dalla buona direzione degli attori inserita nel taglio convenzionale di uno sguardo registico troppo vicino agli schemi del genere; troppo lontano da quei momenti di intuizione espressiva (si pensi ad opere dissimili ma generatrici di turbamenti ed interrogativi come IL PIANISTA di Polanski o LA CADUTA DELGI DEI di Visconti) che soli riescono a darci perlomeno l'illusione di carpire l'essenza del dramma.

Non si tratta, in definitiva, di avere relativizzato il ritratto di un Hitler troppo umano: ma di non aver tentato, grazie a questo genere di approccio la cosa più importante, che era quella, nei limiti del possibile, di capire e di spiegare.

Costruito su basi storiche ineccepibili come quelle scientificamente dettagliate di Joachim Fest (“La disfatta”, Ed. Garzanti) o anedotticamente stimolanti delle testimonianze di una delle segretarie di Hitler, Traudl Junge scomparsa solo di recente (la cui figura, interpretata dall'attrice Alexandra Lara, funge da punto di vista portante e fin troppo naif del racconto), il film di Oliver Hirschbiegel approfitta solo in parte di questi suoi presupposti di privilegio. Cosi, la CADUTA finisce per non essere una cronaca stringata di avvenimenti tutto sommati ormai noti; ma nemmeno una visione nella quale la personalità degli autori trasmetta anche indirettamente un'opinione, si esponga ai rischi di un giudizio.

Omissione o impotenza. In probabile buona fede, ma non per questo in assenza di peccato perlomeno veniale; considerato che il rischio era in definitiva quello di far apparire Adolf Hitler non tanto il risultato di una serie di concause che ha finito per lasciare dietro di sé il maggior numero di morti della Storia. Ma un ennesimo mostro proposto dall'industria dello spettacolo,   un Hannibal Lecter o se preferite Dottor Mabuse alla moda. Sono limiti e riserve che è doveroso avanzare; ma che non dovrebbero, sia ben chiaro, esimere le nostre scuole dal trascinare alla proiezione di una illustrazione assolutamente accessibile i nostri allievi solitamente in altre faccende affaccendati.


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