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L'ONDA
(DIE WELLE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 aprile 2009
 
di Dennis Gansel, con Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich (Germania, 2008)
 
La scuola come passaggio obbligato di nodi esistenziali (al quale le società dimenticano talvolta di destinare l'assoluta priorità delle proprie preoccupazioni); il collo di bottiglia, irrinunciabile e delicatissimo, attraverso il quale si gioca tutto il divenire degli individui, è una volta ancora al centro delle attenzioni dell'ultimo cinema. Tendenza più che lodevole, anche perché ha visto così nascere un capolavoro come ENTRE LES MURS, Palma d'Oro a Cannes, ma anche pellicole meno mediatizzate e ancora sui nostri schermi, come STELLA di Sylvie Verheyde, egualmente francese; senza parlare di molta parte di un universo così squisitamente personale come quello del Gus Van Sant di ELEPHANT e PARANOID PARK.

Più pragmatico, più dichiaratamente didattico di quei titoli che facilmente evadono dalla resa immediata e realistica dell'ambiente scolastico per oltrepassare i confini che conducono alla poesia, questo lungometraggio di relativa finzione ha destato sensazione e provocato discussioni. Innanzitutto, (et pour cause) in Germania, dove è stato girato da un giovane regista, e sopratutto prodotto da uno specialista in materia, il Bernd Eichinger di LA CADUTA – GLI ULTIMI GIORNI DI HITLER e del recente LA BANDA BAADER MEINHOF. Trasposto nei tempi nostri, tratto da un romanzo di Todd Strasser a sua volta basato su un'esperienza psicosociale autentica svolta negli anni Sessanta presso un liceo di Palo Alto in California, L'ONDA non è altro infatti che un tentativo, nemmeno tanto ludico, di spiegare la nascita del fascismo. O, perlomeno e forse più modestamente, di rispondere a una delle domande che più di spesso ci si è posti: sarebbe ancora possibile, oggi, una rinascita del nazismo in Germania, così come del fascismo nel mondo?

Merito del film è naturalmente di porla, questa domanda. E di farlo sotto forma di uno spettacolo accessibile e universale, in quanto organizzato fra giovani studenti contemporanei notoriamente disinibiti e dissacranti; su iniziativa di un insegnante (l'ottimo, ambiguo per quel pizzico che serve, Jürgen Vogel) più sull'anarchico postsessantottino che sospettabile di malcelate deviazioni reazionarie.

A quell'assistenza dubbiosa e ridanciana, l'insegnante propone una settimana tematica all'insegna dell'autocrazia; sotto la sua autorità crescente essi dovranno adeguarsi scrupolosamente ad ogni forma d'imposizione formale: dare del lei, alzarsi ad ogni domanda, vestirsi allo stesso modo, adottare una gestualità comune. Una forma di despotismo dal quale non potrà che nascere il sentimento di appartenenza a una causa, addirittura a una famiglia comune; assieme, ovviamente, alla reazione, e quindi alla violenza nei confronti di chi a quella famiglia non appartiene. È l'ostilità, l'avversione nei confronti del diverso ed a quel punto, quasi ovviamente, all'insegnante il gioco sarà ormai sfuggito dalle mani.

È un po' di quel “ovviamente” a minare l'indubbia utilità di un film come L'ONDA. Dietro i meriti e certe qualità della pellicola (oltre al tema, la scelta degli attori, la vivacità della regia), ecco un film sulla manipolazione che rimane paradossalmente vittima dell'uso di quella stessa manipolazione. Certo, cinematografica, ma l'incastro scenaristico si fa così non tanto prevedibile (il che fa parte del discorso), quanto meccanico e sottolineato. Tanto da arrischiare di togliere credibilità ad un progetto che proprio al suo drammatico possibilismo deve tutto il (dovuto) interesse che suscita.


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