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LA FIAMMIFERAIA
(TULITIKKUTEHTAAN TYTTÖ)
(THE MATCH FACTORY GIRL)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 maggio 1990
 
di Aki Kaurismäki, con Kati Outinen, Elina Salo, Esko Nikkari, Vesa Vierikko, Silu Seppäl (Finlandia, 1989)
 

Sempre di più, pensando anche al suo ARIEL (1988) visto a Locarno un anno fa, il regista finlandese sembra mettere in scena dei fotoromanzi, dei melodrammi impregnati di un grottesco certamente più tragico che ridanciano, ma inseriti in uno schema espressivo rigoroso, quasi bressoniano.

In questo senso, la storia di questa piccola fiammiferaia sgraziata e mal fagottata che dopo una giornata di fabbrica, una serata coi genitori che non le rivolgono una parola ed una notte con un professionista che le rifilerà un assegno con "get rid of it" quando resterà incinta, decide di far fuori tutti con il veleno dei topi, è certamente una vicenda esemplare.

C'è in questo cinema determinato, dove le immagini e le sequenze cadono come mazzate implacabili, dove nulla è concesso al dubbio e l'esitazione, dove tutti gli elementi concorrono a denunciare la solitudine quasi assurda nel mondo contemporaneo, la volontà ben precisa di un autore. C'è anche il rischio di cadere nell'esercizio di stile, nel piacere di un procedimento favorito da un indubbio talento cinematografico: Kaurismaki lo evita ormai, per la sua partecipazione emotiva, per la sua volontà di non lasciarsi coinvolgere in alcuna facilità sentimentale. Per la rabbia, appena tintata di salutare d'ironia e di gusto per la perversione, con la quale ritorce il suo racconto: non in un suicidio, come ci si poteva aspettare da qualcuno di più melenso, ma in una strage..

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More and more, also thinking of his ARIEL (1988) seen in Locarno a year ago, the Finnish director seems to be staging photostories, melodramas imbued with a grotesque that is certainly more tragic than laugh-out-loud, but inserted into a rigorous, almost Bressonian expressive scheme.

In this sense, the story of this ungainly, ill-fitting little match girl who - after a day at the factory, an evening with her parents who won't speak a word to her, and a night with a professional who will hand her a 'get rid of it' cheque when she gets pregnant - decides to kill everyone with rat poison, is certainly exemplary.

There is in this determined cinema, where images and sequences fall like relentless bludgeons, where nothing is allowed for doubt and hesitation, where all the elements concur to denounce the almost absurd loneliness in the contemporary world, the very precise will of an author. There is also the risk of falling into the exercise of style, into the pleasure of a procedure favoured by an undoubted cinematographic talent: Kaurismaki avoids this by now, for his emotional participation, for his desire not to get involved in any sentimental ease. For the rage, barely tinged with salutary irony and a taste for perversion, with which he twists his tale: not into a suicide, as one might have expected from someone more melancholy, but into a massacre

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