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MIRACOLO A LE HAVRE
(LE HAVRE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 novembre 2011
 
di Aki Kaurismäki, con André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Roberto Piazza, Jean-Pierre Léaud (Finlandia, 2011)
 

Ma cos'è che rende cosi unico al mondo il cinema del finlandese Aki Kaurismäki? Prima di ogni altra cosa, quell'arte miracolosa di riuscire ad esprimere, tramite delle situazioni e dei personaggi apparentemente scialbi, per non dire quotidianamente banali, dei tesori di umanità e di introspezione esistenziale. Solitudini cosi eccentriche da apparire lunari: ma destinate ad aprirsi ai nostri occhi divertiti e commossi alla conoscenza del prossimo. Inserite in ambienti di rigorosa, stupefacente semplicità: ma che nella loro violenza (non soltanto espressiva), come nella loro normalità (di convivenza apparentemente civile) rinviano a tutte le ingiustizie, le differenze di classe, le avidità, gli egoismi.


Se all'interno di questo cinema sempre originale LE HAVRE appare come uno dei capolavori dal fascino immediato e universale è perché il film si occupa di un tema terribilmente attuale come l'immigrazione, l'accoglienza, la solidarietà: ma in uno stile sorprendente, evocatore d'indimenticabili memorie poetiche, teneramente legato alla grande tradizione del cinema degli anni 30 e 40. Gli immigrati clandestini africani: ma confrontati, all'interno di una comunità dalla fraternità provocatoriamente utopistica, al ricordo di QUAI DES BRUMES (girato nel 38 proprio a Le Havre), di Carné e di Prevert, Gabin, Michel Simon.


Abbandonato l'universo di una Finlandia che da sempre pareva indissociabile dalla sua visione surrealista, stilizzata e minimalista, Kaurismäki è emigrato all'estero, in atmosfere e con attori francesi, in un quadro apparentemente estraneo alle sue logiche legate a culture nordiche. In quella sorta di trasloco poetico e sociale poteva perdere tutta la sua proverbiale energia straniante.


Al contrario, ne è nato, nell'abituale profumo della sua cosi particolare maestria oggettistica, coloristica o musicale, un mondo di fiaba, di personaggi (l'indimenticabile poliziotto creato dal Darroussin di Guédiguian, l'irresistibile rocker Little Bob nel finale trascinante) ispirati da una commovente fede laica. In un'urgenza politica che risulta infinitamente amplificata dalla tenera modestia della propria quotidianità.


In un'armonia estetica fra le più compiute del cinema contemporaneo, ciò che avrebbe potuto scadere nel minimalismo dei buoni sentimenti si fa allora messaggio (cosi prezioso nei tempi che viviamo) di un umanesimo che non a torto ha ricordato quello di Chaplin.


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