Se accede alla finzione, Von Trier non rinuncia alle predilette, impressionanti manipolazioni tecniche: sono sofisticazioni più o meno avanguardistiche (l'autore si dichiara contrario ad utilizzare l'elettronica, preferendole un riutilizzo aggiornato dei vecchi trucchi) come l'introduzione del colore nel bel mezzo di una sequenza in bianco e nero, l'uso di ottiche o di filtri esasperati, le sovraimpressioni dei vari campi, il montaggio aritmico.

Tutto ciò per dipingere il suo treno che lega le genti attraverso gli spazi, con il suo contenuto anche questo caricato di elementi fortementi tipati: lupi mannari che sono poi gli ex nazisti, spie e contro spie americane e occidentali, persino un vagone terminale caricato di ebrei, accatastati nelle tragiche brandine di legno che ben conosciamo. Jean-Marc Barr reduce dagli abissi de IL GRANDE BLU annega il suo sguardo presunto innocente di un americano in visita; l'unico a raccappezzarcisi un po' più degli altri è il maturo Eddie Costantine, nei panni di un colonnello del controspionaggio.

Il resto è per amatori d'imperiose sensazioni oftalmiche, ed allegoriche spiegazioni popolari.