Coprodotto in Germania, girato a Shanghai in ovvia clandestinità da un cineasta poco piu che trentenne, presentato alla Mostra di Venezia, soprendentemente in opposizione al cinema espressionista cinese che conosciamo, come dice il suo titolo SUZHOU RIVER è un film d'acqua. Nel caso, quelle limacciose che attraversano la città: e che diventano la sede di una storia al tempo stesso fantastica e documentaristica. Quella di una giovane che vi si getta in preda ad una delusione amorosa; per rinascere, perlomeno agli occhi del suo colpevolizzato fidanzato (e comunque interpretata dalla medesima attrice) nelle sembianze di una sirena ammaliatrice da bar.

Melanconico, crepuscolare il film tesse tante più storie quante più verità possibili, personaggi - fantasma come il cineasta amatore destinato a commentare l'intero percorso del film, un motociclista addetto alle consegne in città, kidnapper mafiosi, piccoli imbroglioni e mercanti sessuali: e quella sirena dalla parrucca bionda, pronta a riamare ma che (proprio come la leggendaria Kim Novak di VERTIGO) verrà da chiederci se essendo la stessa. Identità ambigua: a somiglianza di un film che rifiuta la progressione cronologica. Ma che, sul filo di quel corso d'acqua maleodorante come su quello di uno straniante commento musicale si trasforma in testimonianza al tempo stesso di una concreta realtà urbana e di un'evasione fra fantasmi dei vivi e presenza dei morti.