Dopo il notevole SUZHOU RIVER, del 2000, che lo ha fatto conoscere in Europa il giovane Lou Ye può permettersi due star orientali come la bella Zhang Ziyi di TIGRE E DRAGONE e il Liu Ye dei film di Stanley Kwan. Ed il risultato è piuttosto eclatante: un film dal virtuosismo quasi glamour, che sottolinea la vena manieristica di un cineasta che sta tracciandosi un percorso particolare nel cinema della Sesta generazione.
Certo, la storia non è di quelle che s'intuiscono al volo. Nella Manciuria del 1927 la bella Cynthia s'innamora di un giapponese, poco prima che questi venga richiamato in patria per essere arruolato; egualmente giapponese è il terrorista che si fa saltare in aria con il fratello della protagonista. Passano tre anni e Cynthia si chiama ormai Ding Hui: nel paese sotto occupazione nipponica è entrata a far parte del Purple Butterfly, un movimento di resistenti che sta tentando di eliminare l'agente segreto Yamamoto. Così, nella Shanghai del 1931, tutta grammofoni d'epoca e spezzoni cinematografici, finirà per scoprire che Yamamoto non è altro che il capo del suo vecchio amante giapponese...
Detta così, si può anche capire perché il film è stato accolto con molte riserve a Cannes. Ma il brio forse un po' disordinato di Lou Ye traduce un'energia espressiva non indifferente: sotto il diluvio incessante la sua violenza ricorda quella di Scorsese. E l'eleganza quella di un Zhang Yimou. In un insolito, esasperato mélo-noir violenza e desiderio, romanticismo e documentazione d'epoca i due amanti confluiscono cosi in un finale di romantica, sensuale autodustruzione che ricorda quella mitica di Jennifer Jones e Gregory Peck in DUELLO AL SOLE.