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SUMMER PALACE
(YIHE YUAN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 giugno 2008
 
di Lou Ye, con Hao Lei, Guo Xiaodong, Hu Ling, Zhang Xianmin (Cina, 2006)
 
L'irruenza giovanile e la generosità del cinema manierista di Lou Ye sfocia alla perfezione in questa cronaca della passione amorosa quando si allea a quella della presa di coscienza politica. Gli anni sono quelli, capitali per i cinesi, della fine degli anni Ottanta: quelli di Tiennammen, ma che per Yu Hong si fondono con quelli degli incerti amorosi. E, cosa ancora a dir poco delicata per la censura che sappiamo, quelli espressi con l'esplicita franchezza di SUMMER PALACE, del desiderio, del concedersi ai suoi piaceri.

Yu Hong viene dalla campagna, ma avendo vinto una borsa di studio si ritrova nella clamorosa ebollizione della vita universitaria di Pechino: appena in tempo per affrancarsi dai rigori imposti dl Grande Timoniere, non ancora in tempo per intuire il grande balzo che la Cina si appresta a compiere. Portato a spalla e a fior di pelle il cinema di Lou Ye è perfetto nel tuffarsi e farci condividere assieme ai suoi giovani quel fiume di sensazioni, di sentimenti e di esperienze per nulla schivate. L'amore totale fra la giovane e l'oggetto del suo colpo di fulmine, il bel Zhou Wei cosi restio a concedersi in un primo tempo, sarà uno di quei legami mai condotti a termine, ma tanto più impossibili da sciogliere, uno di quegli istanti di intuizione e di soddisfazione assoluta ma che necessitano del tempo per essere concretizzati. E che il regista avvicina all'esperienza più universale di un Paese che tenta di agganciarsi stabilmente alla Storia.

A Lou Ye riesce meglio l'immersione totale nel privato del formicaio studentesco, l'immediatezza delle scene erotiche, il soprassalto dei carri armati in piazza (altro che il Bertolucci di THE DREAMERS…), la facilità di captare le atmosfere (non solo Pechino, ma quella Berlino paradossalmente cosi simile); meno, l'affrettato riassunto a colpi di didascalie della storia con la maiuscola. Ma, anche se più a suo agio ai piedi del letto che non a quelli del muro di Berlino, la sua è la cinepresa sempre viva sulla quale contare.


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