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LA PIANISTA
(LA PIANISTE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 novembre 2001
 
di Michael Haneke, con Isabelle Huppert, Annie Girardot, Benoit Magimel (Austria, 2000)
 
Come sorprendersi del fatto che uno fra i più contorti registi in circolazione (BENNY'S VIDEO, o il terrificante FUNNY GAMES) abbia deciso di adattare un romanzo di Elfriede Jelinek: nel quale la più calorosa delle dichiarazioni della bravissima Isabelle Huppert al compare di scelleratezze varie (l'altrettanto finissmo Benoit Magimel) è del genere: " È da cosi tanti anni che vivo con questo desiderio di prendere colpi. E ti ho atteso cosi a lungo…" ?

La quarantenne Erika Kohut ha infatti una doppia vita: è tra le più autorevoli pianiste non che temute insegnanti del conservatorio musicale, ma non disdegna frequentare pornoshop, auto mutilarsi le parti intime e sottomettersi come una bimba di pochi anni ad una madre tragicomica ed altrettanto folle (Annie Girardot). La nostra glaciale sadomasochista desterà l'interesse, quindi la passione da parte di un allievo, disinibito e sano come soltanto sanno esserlo i giovani. Cercherà di respingerlo, sedurlo e manipolarlo al tempo stesso: in un gioco dettato dalla fragilità, più che dalla perversione. Ma, essendo la violenza uno strumento, quello si, perverso da usare, ecco che lo scambio finirà per rovesciare i tradizionali ruoli che, da sempre, uniscono vittima ed aguzzino. E su chi ci vada piu' di mezzo, lascio a voi discuterne tornando a casa.

Anche se percorso da vene di comicità più o meno volontaria, LA PIANISTA è un film duro, che contiene pagine che possono senza dubbio essere considerate di difficile sopportazione. Se succede anche l'opposto, se il film finisce per essere uno dei più interessanti ed in definitiva coinvolgenti (in senso, per carità, figurato) fra quelli dell'ultimo Cannes è per due ragioni. Poche, forse, per chi non sopporterà mai la provocazione a tratti grandguignolesca del film, ma determinanti: il livello (vogliamo chiamarlo umanizzante?) dell'interpretazione, e la forza, la significazione dello sguardo registico.

Isabelle Huppert, non nuova a ruoli estremi, è sicuramente eccezionale: per il coraggio, la professionalità e la sensibilità con la quale ha il coraggio di affrontare sul filo del rasoio un ruolo smisurato. Per la sapiente disinvoltura con la quale trasforma il proprio personaggio, ingrato quanto sofferente; accompagnandolo in una trasformazione giocata costantemente ai confini di quel Male sul quale spesso dissertiamo ed equivochiamo. Ma a nulla servirebbero le sottigliezze dei contraddittori significati sadomasochisti offerti dal premiato duo Huppert / Magimel se non fossero supportate dalla precisione e dalla trascendenza della regia di Haneke: che dai primi piani, attentissimi alle minime reazioni dei personaggi, all'inserimento di questi in uno sfondo di grandi significati psicologici (spaziali, coloristici, sonori, musicali), si costruisce su un'architettura assolutamente priva di quelle ambiguità che l'assunto potrebbe anche far dubitare.

LA PIANISTA è un film che, proprio come quei contrasti fra la serenità della musica e la violenza dei sentimenti della quale si nutre, sembra alimentarsi delle proprie asperità. Come tutti gli altri di Haneke, è un film fatto per essere scostante; per urtare, per dispiacere allo spettatore. Ma certi suoi aspetti (l'interpretazione, ad esempio, -francese in un film austriaco - tesa emotivamente dietro l'apparente indifferenza, in continuo contrasto con il rigore assoluto della regia) rilanciano progressivamente una dialettica assai meno scontata di quella che si potrebbe supporre dalle prime immagini.

Come una dissezione: accurata, scientifica, cruda e crudele, da entomologo. Di qualcuno, cioè, che osserva, distaccato, l'opera della morte; ma dall'analisi del quale può anche nascere una ragione di vita.


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