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INTERCEPTOR, IL GUERRIERO DELLA STRADA
(MAD MAX 2)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 ottobre 1982
 
di George Miller, con Mel Gibson, Bruce Spence, Mike Preston (Australia, 1982)
 
Il western non è morto, anche se al posto dei cavalli ci sono le automobili.

Lo schema e quello classico, i buoni da una parte, e dall'altra i cattivi. I primi possiedono ancora le ultime gocce di un liquido ormai scomparso dalla terra, il petrolio. E gli altri cercano di impossessarsi di quell'ultima illusione di potere. Come nel western in un paesaggio desertico, stilisticamente essenziale, un gruppo d'uomini resiste contro la barbarie, tentando di preservare i valori della civiltà. Fanta-western: perché il quadro si situa in un futuro prossimo con resti di autostrade, automezzi, motociclette, elicotteri. Ma senza carburante: in nome del quale gli abitanti di quell'universo si sbranano l'un l'altro senza eccessivi scrupoli. Dal lato illustrazione, George Miller è uno che ci sa fare: straordinariamente dotato per le scene di azione, imprime un ritmo forsennato al film. Una dinamica incessante, costruita con un senso del montaggio perfetto, una fotografia dai dovuti toni iperrealisti, una luce radente che ravviva forme e colori. Ma forse la parte migliore di MAD MAX 2 sta nel lavoro della costumista Norma Moriceau: questi guerrieri della benzina vestono come beduini, visto che il film è ambientato nel deserto australiano. Ma anche di fogge più disparate, come si addice agli addetti del saccheggio di una civiltà degenerata ed in via d'estinzione. Quindi crani pelati come gli irochesi o i punk, accessori in pelle e metalli da neonazisti, scudi e gambali in cuoio da medioevo. Il tutto indossato da energumeni e valchirie di fattezze impressionanti; e montato su veicoli futuristi e al tempo stesso sgangherati, come di un Giulio Verne rivisto da una striscia di fumetti in crisi di certezze. Con molto meno soldi, immagino, di George Lucas, Miller dimostra una fantasia magnifica: e anche se non ve ne importa niente di fantascienza di racing-car e di gadgets, è difficile rimanere insensibili al fascino dell'illustrazione di Mad Max 2. Le cose vanno un po' meno bene dal lato messaggio: ché altrimenti il film sarebbe un piccolo capolavoro. Western, si è detto, ma piuttosto western-spaghetti, come si definiva qualche anno fa quel tipo di degenerazione del genere più famoso del cinema: e cioè esasperazione degli effetti di ogni tipo, accentuazione espressiva di ogni elemento, dal sibilo delle pallottole al sangue causato dal pugno in faccia, dal ghigno del cattivo al decolleté della vergine sedotta in piena prateria. Qui è un po' la stessa cosa: tutto viene sacrificato a]l'esasperazione espressiva. Il che va bene in termini linguistici, ma finisce per tradire le intenzioni dell'abilissimo Miller. Partito, sicuramente, con l'intenzione di fare anche la sua bella morale. guardate a cosa ci conduce il mito della velocità, del tecnicismo e della competizione beota a colpi di manetta. Ma giunto a rimanere vittima del proprio giocattolo a furia di sfruttare gli effetti di quella velocità, di quel tecnicismo, il regista cade nella compiacenza. Se ne serve, cioè, per far spettacolo. E il suo discorso, visto che voleva proprio farlo, va a farsi benedire.


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