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BIRDMAN Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 febbraio 2015
 
di Alejandro González Iñárritu, con Michael Keaton, Edward Norton, Naomi Watts, Emma Stone, Amy Ryan, Zach Galifianakis (Stati Uniti, 2014)
 

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Affascinante e irritante, spregiudicato e inconcluso, memorabile o indigeribile BIRDMAN è identico al proprio autore. Il talentuosissimo Alejandro Inarritu, sul quale già ci ponevano il quesito in occasione del precedente BIUTIFUL: non sarà il caso di riesaminare il peso delle sceneggiature del celebre romanziere Guillermo Arriaga, quelle che accoglievano le intuizioni estetiche del regista messicano all'interno di mosaici spaziali e temporali, coincidenze e interazioni fra personaggi che avevano prodotto il fascino intrigante di 21 GRAMMI e BABEL, dopo l'esordio clamoroso con AMORES PERROS nel 2000? Arriaga e l'architettura delle sue sceneggiature si sono ormai separate da Inarritu: ma in quest'ultimo è sopravvissuta, oltre all'ambizione e un'esuberanza espressiva quasi sfrontata, la moltiplicazione dei personaggi, la voglia della sovrapposizione e della frammentazione. Girato quasi esclusivamente all'interno di un vecchio teatro di Broadway (ad eccezione di due sole , ma sensazionali uscite all'esterno) BIRDMAN è (forse) in primo luogo una storia cara a Hollywood: quella dell'attore, del divo invecchiato che tenta di riacquistare la fama, mettendo in scena, modernizzandola, una pièce di Raymond Carver. Ma non solo. Birdman è interpretato da Michael Keaton, che è stato Batman, protagonista mitico dei due capolavori diretti da Tim Burton. Il quale, anche se non ama parlarne ora che è in corso per gli Oscar, a partire da quegli anni 90 ha visto progressivamente offuscarsi la propria carriera. All'interno di questo specchiarsi della memoria cinematografica, si susseguono poi in BIRDMAN le tragicomiche, abituali vicissitudini che precedono la notte di una prima teatrale. Sempre più vissute non in una progressione drammatica che risolva il girotondo, ma all'interno dei protagonisti: l'ego vacillante di Birdman, ma egualmente la provocazione beffarda del suo partner in scena (Edward Norton), la laboriosa coabitazione fra le quinte con una figlia in disintossicazione (un'ipnotica Emma Stone), ex mogli o comprimarie come Amy Ryan e Naomi Watts, la malintenzionata critica del New York Times; oltre al coro abituale di un ambiente tradizionalmente nevrotizzato. Aleggia insomma l'eco, purtroppo per Inarritu, del sublime OPENING NIGHT di Cassavetes... Il film di Inarritu assomiglia però assai ben poco a un'ennesima riproposta dei destini della star declinante, alla Bette Davis del capofila EVA CONTRO EVA di Mankiewicz, Queste stratificazioni, l'arte funambolica del regista messicano le traduce soprattutto in una ricerca formale di certo strabiliante, quanto ossessiva. E, in definitiva, ai margini del fuorviante. Entrare nella mente dei personaggi, in un processo crescente d'interdipendenza: Inarritu li costringe in un movimento inarrestabile, in una serie di piani - sequenza privi ( o quasi: non dimentichiamo di essere in epoca di miracoli digitali) di stacchi e interventi di montaggio. Tecnicamente spettacolare e ai confini dell'impossibile l'operazione è di certo fonte di meraviglia: tanto più che la fotografia e le luci di di Emmanuel Lubezki sono meravigliose, l'affascinante partizione musicale (Ravel, Mahler, Tchaikovsky, Rachmaninoff) contrasta con la sua sontuosa serenità la convulsione ambientale, le scenografie labirintiche contribuiscono all'enfatizzazione di un itinerario sempre più mentale. Che poi tutto ciò sia sempre di ausilio alla fruizione da parte dello spettatore è tutt'altra storia.

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Fascinating and irritating, unconventional and inconclusive, memorable or indigestible BIRDMAN is identical to its author. The very talented Alejandro Inarritu, about whom we were already asked the question on the occasion of the previous BIUTIFUL: shouldn't we re-examine the weight of the screenplays by the famous novelist Guillermo Arriaga, those that welcomed the Mexican director's aesthetic intuitions within spatial and temporal mosaics, coincidences and interactions between characters that had produced the intriguing charm of 21 GRAMMI and BABEL, after the clamorous debut with AMORES PERROS in 2000? Arriaga and the architecture of his screenplays have now separated from Inarritu: but in the latter, in addition to ambition and an almost shameless expressive exuberance, the multiplication of characters, the desire for overlapping and fragmentation have survived. Filmed almost exclusively inside an old Broadway theatre (with the exception of only two, but sensational, exteriors), BIRDMAN is (perhaps) first and foremost a story dear to Hollywood: that of the actor, of the ageing star who tries to regain fame by staging a Raymond Carver play, modernising it. But that is not all. Birdman is played by Michael Keaton, who was Batman, the mythical protagonist of the two masterpieces directed by Tim Burton. Who, although he doesn't like to talk about it now that he is on course for the Oscars, has seen his career progressively dim since the 1990s. Within this mirroring of cinematic memory, the tragicomic, habitual vicissitudes preceding the night of a theatre premiere then follow one another in BIRDMAN. More and more experienced not in a dramatic progression that resolves the roundabout, but within the protagonists: Birdman's faltering ego, but also the mocking provocation of his stage partner (Edward Norton), the laborious cohabitation in the wings with a daughter in detoxification (a hypnotic Emma Stone), ex-wives or co-protagonists such as Amy Ryan and Naomi Watts, the ill-intentioned critic of the New York Times; as well as the usual chorus of a traditionally neurotic environment. In short, there are echoes, unfortunately for Inarritu, of Cassavetes' sublime OPENING NIGHT... Inarritu's film, however, bears little resemblance to an umpteenth reprise of the fates of the declining star, a la Bette Davis in Mankiewicz's pivotal EVA AGAINST EVA. The Mexican director's acrobatic art translates these stratifications, above all, into a formal research that is certainly as astounding as it is obsessive. And, ultimately, at the margins of the misleading. Entering into the minds of the characters, in a growing process of interdependence: Inarritu forces them into an unstoppable movement, in a series of sequence-plans with no (or almost no: let us not forget that we are in the age of digital miracles) cuts and editing interventions. Technically spectacular and bordering on the impossible, the operation...

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