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FOXCATCHER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 aprile 2015
 
di Bennett Miller, con Steve Carell, Channing Tatum, Mark Ruffalo, Vanessa Redgrave, Sienna Miller (Stati Uniti, 2014)
 

Esordiente nel 2005 con un memorabile TRUMAN CAPOTE - A SANGUE FREDDO interpretato da un grande Philip Seymour Hoffman, Bennett Miller è un cineasta troppo raro. Rieccolo, finalmente, con una sorta di quelle biografie a sfondo inquietante che gli riescono cosi bene, di fatti di cronaca che subito volgono al sospetto di noir, di non fiction novel, come le definiva il celebre scrittore. Con FOXCATCHER siamo di nuovo a un avvenimento accaduto, che scosse l'America del 1966 prima di venire velocemente classato. Nell'imminenza dei giochi olimpici di Seoul, John E. du Pont, erede miliardario di una delle più blasonate dinastie industriali dell'America, appassionato di lotta libera oltre che di ornitologia e materiale bellico vario, invita due fratelli ad allenarsi nella sua immensa proprietà in Pennsylvania. Dei due campioni, celeberrimi in patria, Mark Schultz è il minore, il più fragile, introverso e dipendente; David è il maggiore e pluridecorato, allenatore della squadra nazionale, equilibrato, cosciente, un padre per Mark, e non solo nello sport. Le conseguenze di quell'invito allettante sfoceranno nel fascino delirante di un film che è tutto da scoprire: limitiamoci a notare quanto l'atmosfera incredibilmente straniante del film nasca da un'arte magnifica della sovrapposizione espressiva. FOXCATCHER è infatti una mystery movie ma, al tempo stesso, un viaggio lucidissimo nell'analisi delle turbe psicologiche, delle dipendenze perniciose che si creano all'interno di un nucleo famigliare; un ritratto, anche tragicomico, della sete inestinguibile di denaro, e un esempio di come si possa filmare lo sport per ricavarne dei significati anche spirituali. Ma pure un affresco storico dell'America di Reagan, una riflessione sul sogno americano quando questo degenera nell'individualismo e nel nazionalismo. Prima di tutto ciò, però, il film di Bennett Miller è l'esempio di come uno sguardo magistralmente posseduto dal cineasta giunga a trasfigurare un racconto e i suoi personaggi. Condizionamenti della famiglia, dei rapporti di classe, certo: ma FOXCATCHER si esalta alimentandosi degli spazi, dei movimenti, dei silenzi, dei rallentamenti che esaltano quegli avvenimenti, lo fanno scivolare dai toni grotteschi se non proprio comici delle apparenze a quelli crepuscolari di un rituale antico. E' una fisicità, un'osservazione muta e ravvicinata dei protagonisti, della loro gestualità, delle mimiche irrigidite (impressionante quella del miliardario, interpretato oltretutto da un attore comico, Steve Carrel) che si sostituisce ai dialoghi e alle spiegazioni. Cosi, i dettagli minimi dell'ambiente che sembra inghiottirli contrastano con l'eco splendida delle musiche di Arvo Pärt, l'oppressione cupa delle tinte anticipa la conclusione enigmatica dell'intrigo, rivela il significato volpino di quel titolo, traduce l'ambiguità viepiù inquietante di uno sguardo in cui si scontrano megalomania, sopraffazione e desiderio represso. Inghiottito nell'immensità del parco dei Du Pont, come ignaro della sontuosa cornice autunnale che lo circonda, FOXCATCHER cessa allora di essere ciò che non è mai stato, un film sullo sport, sul gesto forte ma squisito di un'arte nobile: per affondare nelle mistificazioni dell'intimo e di una società, in una spirale esemplare e sempre meno misteriosa, anche se subito declassata a fatto di cronaca da dimenticare al più presto.


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