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BLUE JASMINE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 dicembre 2013
 
di Woody Allen, con Cate Blanchett, Alec Baldwin, Sally Hawkins, Andrew Dice Clay, Bobby Cannavale, Michael Stuhlbarg, Peter Sarsgaard (Stati Uniti, 2013)
 

Dopo la delusione di TO ROME WITH LOVE con la sua romanità di maniera (e la sua unica, misera stelletta, assieme a quella per CASSANDRA'S DREAM; nella bellezza di ormai 45 film, al ritmo di almeno uno all'anno…), dopo il vagabondaggio europeo tra Londra, Barcellona e Parigi, Woody Allen ritorna a casa. Ed è subito, se non capolavoro, il suo miglior film dai tempi dell'ironica amarezza di MATCH POINT (2005); nel segno di quella che, seriosamente, era stata definita la sua incursione nella metafisica del determinismo.


Più semplicemente, le qualità di BLUE JASMINE sono presto dette: una scrittura dalla progressione logica perfetta, e una protagonista dall'aderenza prodigiosa come Cate Blanchett. Il film è una parabola tracciata con la perfezione e la leggerezza dei momenti migliori del regista: dall'ironia implacabile e dalla satira ridanciana alla constatazione grave, ineluttabile come mai in passato. Dalle risate sul conformismo borghese e benpensante che lo hanno reso celebre, alla tragedia della mistificazione e alla solitudine. Non era facile: parodia feroce da mutare in condivisione e compassione.


Tutta sulle spalle di Jasmine: splendida, sovrana, quanto fragile; apparentemente raffinata, ricchissima, e dipendente dagli psicofarmaci. Sposata a uno dei tanti Madoff (Alec Baldwin) che, oltre a cornificarla a ripetizione, finisce per spogliarla di tutti i suoi pur cospicui risparmi. Costretta, allora, ad abbandonare i riflettori di Manhattan, l'illusione di uno stato sociale se non psicologico, per rifugiarsi sull' ”altra” costa. Non solo quella della San Francisco proletaria, opposta alle ipocrisie corrotte degli affaristi di Wall Street: ma dovendo ricorrere alla sorella snobbata da sempre, cassiera al supermercato, i mocciosi gonfiati al popcorn e l'abitazione ingombrata da calorose cianfrusaglie.


Pur rifiutandosi di rinunciare ai Dry Martini non-stop per la birra da trangugiare a canna, l'altera dama in Chanel dovrà ora venire a patti con i maschioni spicci in canottiera cari all'allegrotta sorella (Sally Hawkins, pure lei bravissima). Così che il profilo della meravigliosa Cate Blanchett riporta alla mente (quasi da pensare a precise citazioni) quello indimenticabile della Gena Rowlands di UN'ALTRA DONNA, oltre che di tanti capolavori di John Cassavetes); mentre il taglio del racconto finirà per incollarsi a un'altra leggendaria esperienza di alienazione femminile, quella della Blanche di Vivien Leigh con Marlon Brando, in UN TRAM CHIAMATO DESIDERIO di Elia Kazan.


Ed è proprio su quell'asse, sapientemente costruito da Woody Allen, che BLUE JASMINE acquista tutti i suoi titoli di merito. Sul continuo, fluidissimo andirivieni temporale e spaziale del film, sul com'eravamo e come siamo diventati, Jasmine si vedrà costretta a mentire sempre di più, con gli altri ma soprattutto con sé stessa: dall'avanzare della propria mitomania, dalla logica perversa di un percorso sociale, lavorativo e affettivo. Ma anche dal peso delle proprie responsabilità, del rifiuto di affrontare la realtà.


Disgregazione patetica di personaggi confrontati alla solidità formidabile degli interpreti: con qualche scompenso (una caricatura leggermente debordante di qualche macho locale, il finale forse non volontariamente risolto?) BLUE JASMINE si avvia così alla sua conclusione ineluttabile, tanto più crudele quanto solare ne erano apparse le premesse. Come spesso nei grandi Woody.


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