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CARNAGE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 24 settembre 2011
 
di Roman Polanski, con Kate Winslet, Jodie Foster, J.C. Reilly, Christoph Waltz (Francia, 2011)
 
In un parco, un undicenne cava due incisivi al compagno, rifilandogli una bastonata: nel bon ton di un appartamento di Brooklyn i genitori della (presunta) vittima incontrano quelli del (supposto) aggressore per appianare la faccenda. Bonalmente, civilmente come appare a prima vista? O, piuttosto, fino al massacro annunciato dal titolo, ad un tutt'altro genere di mazzate, una volta evacuate le velleità dei comportamenti perbenisti ?

Anche quando è semplice e comprensibile nella propria linearità (uno dei pregi di CARNAGE, costruito sull'impeccabile unità di tempo, luogo ed azione) un film di Roman Polanski interviene immancabilmente sui propri contenuti: anche quando, come qui, parrebbe confinato nei limiti, brillantissimi della pièce teatrale di Yasmina Reza, enorme successo, prima a Parigi con Isabelle Huppert, poi a New York. Lungi dal lasciarsi inquadrare e ingessare, di quei confini, di quelle costrizioni claustrofobiche da kammerspiel, il cinema del grande regista polacco ne fa come sempre un presupposto per esplodere il proprio spazio espressivo.

Senza essere soltanto divertito (non era il caso, visto quanto gli era appena successo; non a caso, però, il film è ambientato in America, pur essendo stato girato negli studi parigini…), CARNAGE non si alimenta dell'inquietudine angosciosa di capolavori come REPULSION o L'INQUILINO. E nemmeno della raffinata ambiguità del precedente L'UOMO NELL'OMBRA. Piuttosto di rabbia, ironia, amarezza. Ma, nel proprio evidente piacere di filmare, dell'identica, raffinata sapienza che nel 1994 organizzava LA MORTE E LA FANCIULLA, un film dal procedimento non molto dissimile: l'esigenza di racchiudere l' avvenimento in una geometria spaziale ben definita, nell'osservazione macroscopica, fisica della materia. Per sfociare cosi dall'analisi dettagliata della realtà all'astrazione e alla riflessione.

E' la doppia natura del cinema polanskiano. Quella del cineasta moderno, nutrito in cineteca, sensibile come pochi ai riferimenti culturali del proprio mestiere. All'uso della profondità di campo tipicamente hitchcockiana, con il soggetto ripreso nitidamente in primo piano e, sullo sfondo altrettanto a fuoco, l'oggetto della sua attenzione. Cosi che i risvolti psicologici progrediscano con chiarezza, sul filo di una grammatica che spiega, impeccabile come poche altre, l'accaduto. Al tempo stesso, come flash rivelatori, gli effetti del montaggio che introducono accostamenti stranianti, i tagli insoliti dell'immagine, in verticale, di sbieco, su elementi alienanti, interrogativi illuminanti, apparentemente superflui, subdolamente inquietanti. E' l'altro aspetto del regista polacco: la sua tendenza verso l'ambiguo, il fantastico, il deviante, il crudele, il ludico e l'erotico.

Dalla fisicità del tentativo di raziocinio tollerante all'ipocrisia e alla violenza, nella resa dei conti che si propaga con spasso e perfidia in tante direzioni (all'interno della coppia, ma anche con alleanze sorprendenti, sessiste, classiste, culturali) i suoi quattro meravigliosi attori non sono guidati accontentandosi pigramente di filmare dialoghi e situazioni indovinate. Ripresi in tempi quasi reali gli atti più intimi dei loro egoismi come delle loro solitudini sono colti, evidenziati, amplificati con impercettibile crudeltà dagli interventi dell'osservazione registica: in quel senso, Carnage rappresenta una lezione squisita sulla differenza fra la staticità del teatro filmato e l'introspezione infinita offerta dall'intervento cinematografico. Forse leggermente irrisolto, rispetto alla trascendenza delle tematiche care al cineasta, in quantro forzatamente condizionato dal rispetto per lo scritto teatrale originale. Ma costantemente permeato dal piacere giubilatorio che solo il grande cinema è in grado di offrire.


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