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DRAQUILA – L'ITALIA CHE TREMA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 giugno 2010
 
di Sabina Guzzanti, documentario (Italia, 2010)
 
Perché “Draquila”? Perché il terrore provocato del terremoto di l'Aquila ha finito per suscitare, grazie all'arte (chiamiamola cosi) della strumentalizzazione di chi detiene il potere in Italia, un'altra specie di vampiresca occultazione; una minaccia vieppiù subdola, da nascondere all'evidenza solare. Se nel suo primo film, Viva Zapatero! (2005), si trattava infatti di denunciare la minacciata scomparsa della libertà di espressione, la messa a tacere di chi voleva difenderla (e non solo chi censurava, ma anche di chi avrebbe dovuto impedire l'accaduto), dalla Sabina Guzzanti di Draquila ci giunge ora notizia che les jeux sont faits. L'interrogativo è sempre più inquietante, e recepito ormai anche da parte di una platea internazionale come quella del recente Festival di Cannes. Sfuggito alla cortina del silenzio che avvolge un'opinione pubblica condizionata, disinformata dal mezzo d'informazione soverchiante, la televisione pubblica oltre che privata.

Quella stessa opinione pubblica aveva malgrado tutto percepito che il paternalismo sempre più insopportabile delle infinite visite berlusconiane alla città disastrata nascondeva a malapena lo scopo d'indorare un'immagine politica e personale degradata. Ma Draquila sembra organizzarsi su un interrogativo ben peggiore: e se il populismo imperante nell'operazione, la strumentalizzazione di tanto dolore non fosse altro che un primo passo verso il controllo di un intero Paese?

Sabina Guzzanti non è mai andata per il sottile. Ma quanto è venuto a galla nel frattempo, sul ruolo della Protezione Civile di Guido Bertolaso, sull'industria dell'emergenza che con la connivenza di chi governa ha progressivamente fatto slittare il concetto di urgenza a quello di evento, ha equiparato i pieni poteri (finanziari, civici, edilizi, mediatici) ottenibili in occasione di un cataclisma a quelli esercitabili per un campionato di nuoto e permettendo cosi ogni sorta di abuso e corruzione, tutta l'urgenza dell'attualità ha conferito al film una credibilità che va ben oltre quella di uno sgonfiabile pamphlet.   

Che mostri la costruzione di prefabbricati speculativi in periferia piuttosto che la ricostruzione del centro storico o l'imposizione ai sopravvissuti di starsene in albergo piuttosto che in casa propria, Sabina Guzzanti si allontana progressivamente dal modello che più la minacciava, la faziosità, l'abile protagonismo alla Michael Moore. Di quest'ultimo prende a prestito i disegnini dell'animazione. Ma poi si limita ad intervistare, sceglie la discrezione ed un silenzio significativo; evita il sarcasmo più facile. Cosi, la sua testimonianza progredisce con intelligenza e raziocinio dagli entusiasti dell'inizio per il Cavaliere subito santo ad un'intimità con il dramma e dei suoi protagonisti tanto più significativa.


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