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HEREAFTER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 gennaio 2011
 
di Clint Eastwood, con Matt Damon, Cécile de France, Frankie e George McLaren, Jay Mohr, Bryce Dallas Howard, Marthe Keller (Stati Uniti, 2010)
 
Abituato a rendere i conti a colpi di pistola, l'immenso ottantenne sorprende una volta ancora. È infatti a quel modo, e per di più con il sacrificio della propria persona che ci aveva lasciati al termine della memorabile sequenza finale di GRAN TORINO. Allora, se vogliamo, HEREAFTER è una specie di ritorno da quei confini inesplorati; e ci appare, per insolito che sia nelle sue atmosfere all'interno della lunga carriera di Clint Eastwood, come una continuazione logica e commovente di quel capolavoro. E come l'ennesima prova di quanto l'autore abbia il coraggio e la capacità di rimettersi continuamente in questione.

Detto questo, non lasciatevi ingannare più di tanto dalle apparenze della storia grazie alla quale la notevole perizia dello sceneggiatore Peter Morgan (THE QUEEN, FROST / NIXON, L'ULTIMO RE DI SCOZIA) ha finito per sedurlo: una parabola corale, destinata a ricongiungersi mirabilmente in un unico destino (un po' alla maniera dei primi Inarritu sceneggiati da Arriaga), di tre personaggi dalla cultura e provenienza diversa che hanno avuto modo di confrontarsi con le soglie della morte. La presentatrice televisiva francese vittima dello tsunami asiatico (Cécile de France, di una sincerità trasparente, ad immagine del suo celebre sorriso), una giovane coppia di gemelli londinesi (altra sorpresa del film, i magnifici Frankie e George McLaren) stroncati nella loro accorata interdipendenza; e l'operaio americano dalle facoltà mediatiche (un Matt Damon perfetto, concreto, laico; con la sola consolazione dell'ascolto notturno di Dickens quale conforto all'usura provocata della propria indesiderata vocazione di sensitivo).

Non lasciatevi fuorviare. Anche se non poi cosi distante da alcune delle sue opere più grandi e dolorose (MYSTIC RIVER, e soprattutto MILLION DOLLAR BABY), il Clint dallo sguardo blu-acciaio che sappiamo non si è improvvisamente lasciato abbagliare dalle lusinghe spettacolari del thriller soprannaturale, del terrore metafisico, della cavolata extrasensoriale, dal rammollito sentimentalismo consolatorio. Illustrati da altri, melodrammi, ipotesi, per non dire dei ciarlatani (comunque beffeggiati nel film) del genere sarebbero risultati soltanto risibili. Messe in scena con l'immediatezza di una umanità cosi evidente, con il desiderio costante di essere vicino all'intimità spirituale dei propri personaggi, con quel potere istintivo nel cogliere i fili invisibili che legano le casualità umane, le immagini di HEREAFTER si caricano di una serenità, una sensibilità e un'intelligenza difficilmente riscontrabili altrove nel cinema contemporaneo.

Non a caso Eastwood lo mette in bocca anche ad uno dei suoi personaggi: non è proprio il caso di affidarsi all'illusione di sapere tutto, di tutto conoscere, non fosse che di chi ci sta più vicino. Ma la credibilità e la grandezza del film nascono dalla sua natura intrinseca: dalla qualità di uno sguardo che trascende ogni piangeria. Dalla vita e dalla verità infuse grazie al fascino e alla misura di una visione dall'equilibrio classico ormai in via di scomparsa. Da un amalgama si direbbe istintivo delle componenti filmiche a disposizione del cineasta: la circolarità della sceneggiatura, la scelta e la resa inappuntabile degli attori, la padronanza della tecnica (il formidabile verismo dell'ondata dello tsunami), l'utilizzo della luce e delle dominanti cromatiche a significare i diversi momenti psicologici e emotivi, la delicatezza del commento musicale. Tutta una gamma di elementi espressivi che concorre a creare la misura, la sensibilità, finanche la sensualità (la deliziosa sequenza della degustazione ad occhi bendati) con la quale Eastwood è riuscito ad affrontare con meravigliosa leggerezza un tema universale, doloroso e scabroso come quello dell'assenza e della mancanza.


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