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BURN AFTER READING – A PROVA DI SPIA
(BURN AFTER READING )
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 settembre 2008
 
di Joel e Ethan Coen, con Brad Pitt, George Clooney, Frances McDormand, John Malkovich, Tilda Swinton, Richard Jenkins, J.K. Simmons (Stati Uniti, 2008)
 
Come metterla, dopo un film indimenticabile, ironico e disperato come il precedente NON E' UN PAESE PER VECCHI? In casi del genere i due fratelli più geniali del cinema contemporaneo ci raccontano di volersi semplicemente divertire. Ingaggiano la coppia egualmente somma composta da George Clooney e Brad Pitt, la collocano in un cast formidabile completato da gente come Tilda Swinton, Frances Mc Dormand o John Malkovich, caratteristi impagabili come Richard Jenkins o J.K. Simmons, e girano la “storia” di un ex agente della CIA che, mentre sta scrivendo le proprie memorie, perde il disco del computer. Il testo è allora recuperato da due impiegati di una palestra che tenteranno di monetizzarlo per offrirsi un'operazione di chirurgia estetica. Storie di balordi? Piuttosto, di esilaranti, rivelatrici miserie. Perché sono proprio quelle, illusorie, frettolose e ambigue che governano la nostra epoca a importare dietro la scemenza dei personaggi e delle situazioni; e non di certo le insipide contenute nel dischetto, che i nostri tenteranno di rifilare persino ai russi della novella guerra fredda.

Girato per la prima volta nella loro New York, BURN AFTER READING non è di certo, come da taluni frettolosamente liquidato, il Coen minore fatto per ridere (dopo avere lamentato per tutto l'anno l'assenza di cinema comico…), ma un carosello genialmente concepito per smontare i miti fasulli che si sono sostituiti al Sogno non solo americano. Dal vuoto generato dal culto dell'apparire e del guadagno facile, alla paranoia alimentata dalle nuove tecnologie, alla dietrologia eventualmente calcolata, all'ignoranza galoppante. Nella grande tradizione di quel cinema, una commedia con una sceneggiatura dalla circolarità diabolica, tutta costruita sulle architetture provocate da quel caso che ospiterà la vaghezza insensata dei personaggi.

Una sola inquadratura, una sequenza di un minuto per definire con una giustezza strepitosa l'avvocato ai confini del cinismo e della furbizia; o i due capi della Cia che si dicono “impariamo a far tesoro degli errori; ma il problema è sapere quali sono”. L'idiozia, certo; osservata con un'arguzia analitica e un'intelligenza ormai rara quando è eretta a ragione di vita.


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