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CHANGELING Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 15 novembre 2008
 
di Clint Eastwood, con Angelina Jolie, John Malkovich, Michael Kelly, Jeffrey Donovan (Stati Uniti, 2008)
 
Cominciamo, una volta tanto, con il dire che Angelina Jolie non è mai stata tanto brava, adeguata e credibile come nel ruolo (difficile, perché minacciato ad ogni istante dal rischio del pathos) della madre di CHANGELING. Bella, ovviamente, ma in egual misura concentrata, discreta: impiegata esemplare in una compagnia telefonica di Los Angeles, con un figlio del quale si occupa alla perfezione; ma da single, cosa tutt'altro che evidente, bersaglio ideale in quel 1929 dalle preoccupazioni per altro ben diverse. Di ritorno dal lavoro, Christine Collins (perché il tutto avvenne per davvero) scopre che il bambino è scomparso. Qualche mese più tardi, la polizia le riporta a casa un ragazzino: solo che non si tratta del suo. Per aver protestato, per aver alzato i propri toni vieppiù angosciati fino a disturbare il cosiddetto ordine pubblico (e nonostante il sostegno di un pastore protestante, le testimonianze della maestra, del dentista, dei vicini), per essersi di conseguenza messa in cattiva luce nei confronti di una polizia cinica e corrotta, di un sindaco in attesa di rielezione, dei padroni di un'informazione dapprima manipolatrice, finirà per essere internata in un istituto psichiatrico. Precursore, questo, di tante violenze private, mai rimossi machismi, abusi di potere che conducono ai Guantanamo che sappiamo. E che non confinano di certo LO SCAMBIO fra le più o meno gratuite, più o meno numeriche ricreazioni d'epoca che il cinema ci riserva.

Paradossale, il demenziale tentativo di forzare la legge del sangue e del cuore di una madre? Addirittura inverosimile, quando risulta (dalla vicenda parallela del film) che altre scomparse di origine criminale sono in atto non distanti da Los Angeles? In un universo estetico e poetico diverso da quello di Clint Eastwood il dubbio potrebbe anche destabilizzare lo spettatore, ma nello stile sereno, così lontano da ogni forzatura espressiva dell'ultimo dei grandi cineasti classici in circolazione, l'aneddoto si fa riflessione più ampia. Su un'America dall'inganno e dalla menzogna istituzionalizzata; su un'epoca i cui valori, i miti, le sicurezze sono ancora da confrontare con quelle, conquistate o meno, della nostra.   

Reduce da un capolavoro come LETTERE DA IWO JIMA, con ancora nella mente il passaggio dalla riflessione sulle origini del Male di MYSTIC RIVER a quella sul dovere di difendersi da chi ci vive accanto, dai meccanismi della società e del destino di MILLION DOLLAR BABY, il Grande Vecchio era atteso al varco. Ma l'idea di LO SCAMBIO non è poi cosi dissimile da quella precedente, la parentesi dedicata alla guerra contro il Giappone: imparare a proteggersi, specie se si è donna. La padronanza stilistica dell'autore de I PONTI DI MADISON COUNTY, fra i cineasti più vicini alla figura femminile, l'equilibrio ormai d'altri tempi del suo sguardo cinematografico, la luminosa fluidità della visione e della progressione drammatica (quei primi dieci minuti che così meravigliosamente collocano i protagonisti nel loro ambiente), l'uso continuo dei chiaroscuri che relativizza in una sapiente ambiguità le caratteristiche morali tutte d'un pezzo dei personaggi, fanno sì che il melodramma strappalacrime acquisisca la generosità del messaggio umanista, l'indignazione di una constatazione che si amplifica nello spazio e nel tempo e che distingue CHANGELING dalle banalità velleitarie che invadono gli schermi.

Fanno anche sì che la suprema, equilibrata tranquillità di quello che poteva apparire a priori un terribile thriller sia il segno premonitore di una sorta di rassegnata melanconia. Rispetto a quella che animava la rabbia crepuscolare di GLI SPIETATI, più di una sorta di limpida e onesta evoluzione.


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