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AI CONFINI DEL PARADISO
(AUF DER ANDEREN SEITEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 dicembre 2007
 
di Fatih Akin, con Baki Davrak, Tuncel Kurtiz, Nurgül Yesilçay, Nursel Köse, Patrycia Ziolkowska, Hanna Schygulla, Lars Rudolph, Andreas Thiel (Germania - Turchia, 2007)
 
Dopo quel suo esordio a Berlino 2003 con LA SPOSA TURCA o il rock etnico di CROSSING THE BRIDGE il regista Fatih Akin continua, da buon immigrato, il proprio cammino tra Turchia e Gemania. Un andirivieni anche cinematografico che da i suoi frutti, perlomeno sul piano della sceneggiatura. Quei sei destini che s'intrecciano da Brema ad Istambul sugli sfondi socio-economici tipici del regista, quel suo modo di fondere il messaggio politico alla riflessione sull'intimo, quella bruna e quella bionda che riflettono sul piano sentimentale i rapporti che legano i due paesi, si organizzano sempre più su degli schemi narrativi ambiziosi e complessi. Il padre di un insegnante universitario turco in Germania che convive con una prostituta ma finisce per ucciderla, il figlio che torna in patria alla ricerca della figlia della vittima, ma nel frattempo la giovane è fuggita in Germania in quanto ricercata dalla polizia di Istambul per terrorismo, un'altra giovane, tedesca questa (e' un po' la differenza con il film che precede: qui sono ormai due famiglie, due paesi ad andarci di mezzo...) che se ne innamora; e finirà per seguirla nell'infida situazione turca dopo la fatale espulsione dell'amica.

Germania vista da un turco. Ma, soprattutto, Turchia nell'ottica di un emigrato: il machismo portato alle sue conseguenze più tragiche, la repressione nei confronti delle minoranze, le lotte sindacali e la libertà di stampa, la malavita dei ragazzini per le strade. Melodramma con riflessi cinefili tedeschi (anche perché c'è una sensibilissima Hanna Schygulla a far da madre alla giovane tedesca), analisi dei risvolti psicologici della colpa, della riconciliazione e del perdono, riflessione sulla morte che divide ma che, intesa come parte della vita, finisce per aprire nuovi cammini e speranze, affresco politico alla vigilia dell'entrata nella EU della Turchia...

Tante, probabilmente troppe vicissitudini e ambizioni: che la sceneggiatura riesce però a padroneggiare, anche a costo di qualche forzatura: piegare psicologie ai voleri politici non essendo necessariamente garanzia di conseguenza psicologica.

Ma il problema maggiore di questo film comunque generoso è nella regia. Semplice, diretta, ellittica: ma pur sempre obbligata anch'essa da quella che finisce per diventare una macchinosità della funzionalità drammatica. Finendo allora per sfiorare forzature, lunghezze, schematismi di una prevedibilità che scopre le intenzioni ma non completa in assoluta armonia l'ambizioso progetto.


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