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CARS - MOTORI RUGGENTI
(CARS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 settembre 2006
 
di John Lassater, lungometraggio di animazione (Stati Uniti, 2006)
 
La scommessa di CARS non consiste tanto nell'avere come protagonista un'automobile; e nemmeno in quella, per altro più impegnativa, di aver voluto immaginare un film interpretato da sole autovetture. Immerse in un mondo, a priori più da incubo che da domenica d'autunno coi bimbi al cinema, nel quale le macchine hanno sostituito del tutto gli essere umani. Continuano, ci mancherebbe, a sfidarsi in sorpassi demenziali negli autodromi in odore di playstation (marketing insegna): ma spettatori, telecronisti, l'intera umanità attorno è composta da vecchie Volkswagen o Porsche 911 dai fari trasformati in occhioni, Jeep e Cinquecento, limousines e furgoni, mitiche Ford e Buick d'epoca. Fino ai più rurali trattori: quando l'azione, se proprio vogliamo definirla a quel modo, si sposterà lungo l'altrettanto mitica Route 66 che da Chicago condurrà la protagonista alla California della gara finale. Con lunga fermata intermedia in una cittadina abbandonata dell'America profonda, tra limousine che parlano con la voce di Paul Newman (nella versione originale), personaggi, situazioni ed atmosfere che ricordano quelle di generazioni animate da valori che prescindevano da quelli portentosi dell'animazione digitale.

Perché, l'avrete compreso, per avveniristico che sia CARS vuole infatti essere originalmente nostalgico. Ed è l'altra scommessa, forse quella vera, da parte di John Lasseter, tornato alla regia dopo sette anni; e dopo aver rivoluzionato alla Pixar la tecnica dei cartoni animati con dei film come TOY STORY 2, MONSTERS & Co o GLI INCREDIBILI. Non tanto progredire ulteriormente (ammesso che sia possibile) nel campo dell'antropomorfismo, l'imitazione delle movenze umane da parte degli animali o degli oggetti. Ma ricondurre le tecniche più recenti alla creazione di un'estetica più tradizionale: proprio per riproporre, di quella tradizione, i valori sui quali si sono costruite le generazioni precedenti.

Operazione ambiziosa e pure complessa; quando si tratta (budget oblige, nel caso del cinema di animazione) di mettere d'accordo un pubblico potenzialmente composto da piccini ma che non sia disdegnato dagli accompagnatori più grandi. Dai primi, che dovrebbero eccitarsi ai vertiginosi caroselli alla Nintendo; lasciando a mamma e papà l'eventuale emozione di confrontarsi con gli universi alla John Ford. Il rischio diventa allora quello di non risultare veramente spassosi (si può anche rimpiangere il grafismo e l'humour paradossale del Chris Wedge di ICE AGE); e di tirare un pò per la coda la famosa poesia alla Pixar. Perché, d'accordo la brillantissima rievocazione cartoon dei vari generi cinematografici di quegli anni cinquanta allo scopo di esorcizzare il divenire glaciale di una estetica tutta pixel: ma che lo spettatore si identifichi per 116 minuti in un'automobilina rossa rappresenta un azzardo che forse nemmeno il grande John Lasseter aveva messo in conto.


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