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IL GUSTO DELL'ANGURIA
(TIAN BIAN YI DUO YUN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 ottobre 2006
 
di Tsai Ming-liang, con Chen Shiang-chyi, Lee Kang-sheng, Lu Ying-chi (Taiwan, 2005)
 
Il taiwanese Tsai Ming-Liang ha una sua precisa collocazione nel cinema moderno (o vogliamo dire postmoderno?), il suo ultimo I DON'T WANT TO SLEEP ALONE è stato accolto trionfalmente da una parte della critica a Venezia; e questo penultimo IL GUSTO DELL'ANGURIA, che ha vinto l'Orso d'Argento dopo aver scandalizzato il festival di Berlino del 2005, si riallaccia, quasi a costituirne un seguito indubbiamente organico, alle opere che hanno segnato la sua carriera, IL FIUME, IL BUCO e quella che è la sua più accessibile e gradevole, E LAGGIU', CHE ORE SONO? Questo, non fosse che per l'aspetto più evidente, l'aneddotico. Di ritorno a Taiwan da Parigi, la giovane protagonista Shiang-chyi ritrova il suo venditore ambulante di orologi, sembra annodare una relazione amorosa con questi, prima di scoprire che Hsiao-Kang è il protagonista di un film pornografico che si sta girando proprio al piano di sopra…

Inutile dire che il relativo successo commerciale di un autore solitamente ritenuto ostico sia dovuto a quest'ultimo aspetto; oltre che alle voci subito corse sull'uso che nel film si fa dell'anguria. Ma è un po' facile liquidare il discorso a questo modo. Al di là della sua scrittura in immagini indubbiamente sapiente, dietro un gusto evidente per la provocazione ed un amalgama ideologico costruito su una visione melanconica della nostra civiltà di cui sottolinea la solitudine che affiora dalle lusinghe più eclatanti e volgari, quello costruito da Tsai Ming Liang è indubbiamente un universo poetico. Crudele e forse anche speculativo, ma assolutamente personale, coraggiosamente estremo, tragico e divertito; o, piuttosto, paradossalmente in bilico tra questi due poli che traducono le molte derive che segnano nostro tempo.

Cosi, con un'insolenza formale che ha pochi eguali, IL GUSTO DELL'ANGURIA si fa volta a volta film porno nel genere disincantato hard, ma anche musical scanzonato kitsch; testimonio verista della solitudine urbana, o evocatore surrealista di un futuro fantascientifico. E sempre osservatore minimalista della realtà che ci circonda: per trasformarla con fantasia rinnovata in allegoria sconsolata. Realtà e fantasmi che si sublimano nella sequenza finale: dove il desiderio più brutale, costituito dalla meccanica disincarnata ed oscena dell'atto pornografico, confluisce nell'immaterialità solitaria, ma terribilmente misericordiosa di uno sguardo. Potrà anche dispiacere, ma non lasciare indifferenti; cosa che ormai capita sempre più di raro.


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