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GUERRE STELLARI: EPISODIO III – LA VENDETTA DEI SITH
(STAR WARS: EPISODE III - REVENGE OF THE SITH)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 giugno 2005
 
di George Lucas, con Ewan McGregor, Natalie Portman, Samuel L. Jackson, Christopher Lee, Hayden Christensen, Ian McDiarmid (Stati Uniti, 2005)
 
Punto finale, questa volta pare proprio definitivo,della mitica saga; della quale si è obbligati ogni volta a ricostruire l'iter per chi non dorme con il dvd sotto il cuscino. Sesto episodio, questo è il quarto girato personalmente da George Lucas. Il primo, quello con Harrison Ford e Alec Guinness era del 1977; seguirono L'IMPERO COLPISCE ANCORA (1980) e IL RITORNO DELLO JEDI (1983), firmati rispettivamente da Irvin Kershner e da Richard Marquand. Lì, George Lucas ritorna dietro la cinepresa, conia il neologismo "prequels", e decide far precedere la trilogia da un prologo destinato ad illustrare la nascita del mito caro a generazioni di aficionados: quello del funereo samurai Darth Vader che non è poi altro che un Anakin Skywalker traditore delle forze del Potere e del Bene (ma per amore; e quindi c'è forse qualche speranza di redenzione postuma) sarà all'origine di Luke e di Leia. Il tutto sotto lo sguardo sempre più amareggiato del generoso Obi-Wan Kenobi per non dire del saggio (ad un certo punto ottocentosettantaquattrenne; ma non so più a qual momento), delizioso Yoda.

E' la caratteristica, già accennata, di quest'ultima parte: frugare nell'intimo di personaggi dei quali già conosciamo il futuro, svelare gli arcani della favola. Ed effettivamente, nel secco bilancio al quale ci costringe un'operazione della quale conosciamo da tempo gioie e dolori, fra gli attivi dell'ultimo nato c'è da riconoscere la coerenza e l'armonia della costruzione che ha sostenuto tutte quelle transizioni storiche e drammatiche. E' la ragione per la quale sono in molti a lodarne, sotto la progressiva cupezza, i riferimenti ed i messaggi al mondo contemporaneo. Ossessione del potere, consunzione della democrazia, insinuazione del male, inevitabile degenerazione di chi detiene l'autorità. Tutte belle cose, soprattutto se trasmessi da un'estetica da playstation ad una generazione abituata a reagire a colpi di videogame. Se non fosse che, dettate dai dialoghi lucasiani universalmente riconosciuti fra i più cretini in circolazione, situazioni e psicologie sono ridotte (forse utilmente…) al loro minimo denominatore.

GUERRE STELLARI ha ormai delle ambizioni da tragedia greca camuffata da peplum: sarà anche un progresso, ma in compenso è scomparsa del tutto la disinvoltura, l'humour impagabile di certi episodi (ricordate la discoteca spaziale, corna e proboscidi, le maschere straordinarie provenienti da ogni angolo delle galassie?). Che sia segno dei tempi? Forse più maturo e politicamente significativo, l'ultimo atto ha perso tutta la gioia di vivere, l'innocenza e la meraviglia fiabesca che era all'origine della saga. Ne ha scialacquato il capitale poetico: trasformandola in una dissennata, affannosa valanga di soluzioni digitali. Ogni sequenza dell'ultimo GUERRE STELLARI, ognuno di quei momenti scenografici che facevano la nostra gioia è sciupata per mancanza di approfondimenti espressivi: dai deserti ai vulcani, dalla Thailandia alle Alpi è evidente la rincorsa all'exploit permesso dal consumo tecnologico: ma non ci viene permesso, figuriamoci insegnato, di come profittarne.


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