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ELIZABETHTOWN
(ELIZABETHTOWN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 novembre 2005
 
di Cameron Crowe, con Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon, Judy Greer, Alec Baldwin (Stati Uniti, 2005)
 
Proprio come il suo autore, ELIZABETHTOWN è un film ambizioso e discontinuo, generoso e sprecone. Una somma di qualità e, quasi equivalente, di difetti. Poteva essere una grande commedia, è soltanto un'opera personale; ma non quel fallimento sottolineato dalla parte della critica che ancora non si è rimessa dal precedente, quello si sconsolante VANILLA SKY. Se il film di Cameron Crowe finisce per essere una commedia sentimentale fra le più giuste, intelligenti, meno volgari ed in definitiva gradevoli in circolazione non è soltanto per quel suo modo di accostare le gioie e crucci dell'esistenza, di manipolare l'agrodolce che ha fatto grande il genere. Piuttosto, per quanto si riflette, di buono e pure di cattivo della personalità del regista in questa vicenda curiosa dello yuppie che fa perdere un miliardo di dollari alla società per un prototipo di scarpe futuriste (“ hai fatto venir voglia all'umanità di ritornare a camminare scalza”, gli sbatte in faccia il padrone, perfettamente demonizzato da Alec Baldwin), viene ovviamente mollato ipso facto dalla ragazza, apprende la scomparsa del padre e va a rimettersi dalla depressione nel profondo del Kentucky, dove si svolgeranno travagliate esequie e tragicomiche rese dei conti fra le due anime della sua famiglia.

Ex critico musicale e, quasi conseguentemente cineasta autobiografico autenticamente e affettuosamente vicino alla grande epoca del rock con ALMOST FAMOUS (2000), Crowe ha dovuto sgomitare per accedere all'olimpo hollywoodiano da quando scriveva sul Rolling Stones Magazine; finendo per pubblicare anche un ottimo libro di interviste a Billy Wilder. Puntualmente, nel procedere generoso e anche erratico di ELIZABETHTOWN finiamo allora per ritrovare buona parte di tutto ciò nell'associazione dell'ambiente grazie al ricorso nostalgico agli hit degli anni Settanta di Elton Jones, Ryan Adams o Tom Petty, organizzati sulla colonna sonora della moglie di Crowe, Nancy Wilson. Quindi, il riferimento ai grandi modelli di Billy Wilder (specie nella prima, velenosa mezzora del film), di Wyler o di Capra; il tutto per condire una riflessione non disprezzabile sulla relatività della filosofia dell'aiutati che zio Sam ti aiuta, sulla quale tutto quel cinema, che dico quel mondo si appoggia da sempre.

Certo, il mix non è un miracolo di equilibrio e di misura; anche se Crowe ha saggiamente ridotto di un quarto d'ora ( e tolto un happy end che falsava tutti i significati sociali del film) alla versione presentata a Venezia. Ma, sostenuto dall'evidente piacere dei suoi attori (prima fra tutti una deliziosa Kirsten Dunst), dalla puntualità sferzante dei dialoghi ELIZABETHTOWN vi farà partecipi di momenti di piacere puro. Come l'uso più spregiudicato visto finora al cinema del cellulare in una sequenza interminabile di seduzione notturna; o un monologo al tiptap irresistibilmente prolisso da parte della vedova Susan Sarandon intervenuta in extremis alle esequie, in sicura prospettiva Oscar. Ci sarà anche da ridire, ma volete mettere con le lagne prevedibili che ci vengono somministrate settimanalmente?


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