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BUBBLE
(BUBBLE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 marzo 2008
 
di Steven Soderbergh, con Debbie Doebereimer, Dustin Ashley, Misty Wilkins (Stati Uniti, 2005)
 
Piccolo e bello. Scritto da un grande del cinema americano moderno (dopo il celebre esordio di SEX, LIES AND VIDEOTAPE, lo splendido e misconosciuto THE LIMEY (L'INGLESE), ERIN BROCKOVICH, TRAFFIC, FULL FRONTAL, oltre alla serie fin troppo nota di OCEAN' ELEVEN) BUBBLE è un film del tutto particolare in quell'universo abituato a concepire alla grande. Non tanto perché il film è uscito contemporaneamente nelle sale, in DVD e sul satellite; non solo perché il regista, come spesso gli accade, ha girato di persona con una camera DV, utilizzando attori non professionisti, improvvisando i dialoghi. Ma perché BUBBLE è uno dei rari film americani girato con mezzi poveri su della gente povera. Attento ai loro dettagli egualmente minimi, in uno spazio anonimo, normale, finalmente significativo.

Anonima è la cittadina del profondo Midwest, anonima la fabbrica di bambole cui si riferisce il titolo, così come i tre protagonisti che gravitano attorno ad una attività che sembra la sola ragione d'essere del luogo. Il giovane Kyle abita con la madre divorziata, non fosse che per far quadrare i conti. Martha con un padre anziano da accudire, Rose con un bimbo di due anni da far crescere con fatica. Tre vite banali ma, come il film, più melanconiche che miserabili: tre universi interiori, particolarmente veri poiché gli attori presi dalla strada non fanno altro che restituire la propria esistenza. Tutto nel vuoto di un ambiente enfatizzato dallo sguardo del regista sullo sfondo: minimalista, discreto, quasi mimetico quando si tratta di rispettare il modesto trantran degli interni. Espressivamente più esplicito (il grigiore della pioggia, il colore pimpante delle cartoline), quando si apre agli spazi esterni, più vasti ma non per questo più confortanti .

BUBBLE vive ovviamente dei propri rinvii metaforici: i personaggi del film sono disincarnati, ad esatta somiglianza delle bambole più o meno disarticolate che loro costruiscono. Disincarnati, perché così ridotti da un sistema che li ha non solo banalizzati, ma rassegnati. Bolle esistenziali, destinate a consumarsi all'interno di sé stesse; ma pure di esplodere all'improvviso, come in quel delitto che interverrà quasi paradossalmente a interrompere il circolo vizioso. Una scarica di energia irragionevole che si scontra con le apparenze; proprio come un film naturalistico solo in apparenza, piccolo solo per convenienza.


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