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AGATA E LA TEMPESTA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 aprile 2004
 
di Silvio Soldini, con Licia Maglietta, Giuseppe Battiston, Emilio Solfrizzi, Claudio Santamaria, Marina Massironi, Giselda Volodi, Monica Nappo (Italia, 2004)
 
La tempesta che investe Agata la libraia è la scoperta di un amore più giovane di lei, di un fratello diverso da quello di sempre; e della facoltà di fulminare le lampadine attorno a sé, quando le cose si gustano. Che è come dire, ad ogni svolta di un film che vive di continui andirivieni fra realtà e fiaba.

Diciamo che la prima sembra riuscire meglio della seconda. Ed è un bel paradosso, per un regista che ha costruito il proprio cinema su delle intuizioni, sensibili e delicate; e immateriali. Sulle relazioni, un po' magiche e misteriose, che nascono tra gli umori dei personaggi, tese dai fili di ragnatele spesso poetiche.

L'avvio brillante di AGATA E LA TEMPESTA deve molto ai toni della commedia all'italiana: quella d'autore, con l'ambientazione attenta e arguta (i caffè, gli scorci urbani cosi veri, gli echi sonori, le musiche, le comparse) alla quale un montaggio che allinea una serie allettante di situazioni e personaggi apre tante aspettative. Come la Genova e il suo mare accostato ai casolari del delta padano, e le cadenze romagnole del bravo Giuseppe Battiston che fa il rappresentante in provincia, con il sua carico di abitini, simpatia e umanità, di schietto divertimento.

Territori non tanto fiabeschi, quanto surreali, dice Soldini. Ed ecco allora l'affresco corale allargarsi fra due poli espressivi. Uno, raccolto nei chiaroscuri e intimista, saggiamente partecipe al mondo scarsamente esplorato dei libri, stretto alla personalità della vibrante Licia Maglietta, che lo sguardo del regista segue con la tensione che rimane una delle confessioni più belle del cinema di Soldini. L'altro, sgargiante come le camicie del campionario di Romeo, che sconfina sempre più in nelle tinte accese, nell'oggettistica pimpante che ricorda fatalmente l'universo di Almodovar. E' un mosaico che esplode a dismisura, sorprendente in un regista dalla proverbiale discrezione; e che dalla facilità iniziale si fa sempre più pensato. Una ricerca ostinata dell'originalità di situazioni e psicologie; che minaccia la spontaneità, indispensabile ai fini della commedia. E tutto quanto d'istintivo accompagnava dei personaggi che, per eccesso di costruzione, finiranno più scontati che veramente accattivanti. Certo, AGATA ambiva a qualcosa di più di una commedia: ma perché tanta diffidenza? Non sarà che Soldini, più che il successo, temesse soprattutto di rifare PANE E TULIPANI?


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