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HOTEL RWANDA
(HOTEL RWANDA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 aprile 2005
 
di Terry George, con Don Cheadle, Sophie Okonedo, Nick Nolte, Joaquin Phoenix, Jean Réno (Gran Bretagna.Sudafrica, 2004)
 

Schindler africano. Cosi, dopo questo film che si ispira ad una storia autentica, viene ormai definito Paul Rusesabagina, il direttore di un albergo nel Ruanda che durante lo scontro spaventoso fra Tutsi e Hutu ospitò più di mille rifugiati. Salvandoli da uno dei massacri più spaventosi di tutti i tempi, mentre gli Occidentali abbandonavano precipitosamente i luoghi.


Definizione azzeccata. Non solo perché la figura che l'attore Don Cheadle compone con grande intelligenza riafferma, come per quello del celebre film di Spielberg, l'importanza dell'energia di un individuo unico, isolato ed apparentemente impotente nei confronti della tragedia smisurata, dell'orrore totale che lo circonda. Non solo perché l'africano, cosi sensibilmente rappresentato riassume perfettamente il dramma di tutta un'epoca ed un continente: quello della fiducia tradita, nei valori di una civiltà abbracciata, condivisa e perseguita fino ed oltre l'evidenza della sua doppiezza più ignominiosa. Ma, infine, poiché riconduce agli interrogativi che ci si è posti sovente quando si è trattato di descrivere una dimensione ai confini del rappresentabile come quella del genocidio.


Documento o finzione? Lo stile di un regista come Terry George non è di quelli che si citano per evidenziare la rivoluzione della scrittura cinematografica. E qualcuno critica il film per il ritegno con il quale mette in scena l'orrore di un eccidio smisurato che provocò quasi un milione di morti. Ma il valore di HOTEL RWANDA è proprio nella sua misura, in una sceneggiatura che pur non rinuncia agli effetti melodrammatici, in una visione rigorosa che si organizza sull'unità di tempo e di luogo per ottenere una tensione ed una verità innegabili. Uno sguardo forte ed onesto, ma non privo di acume espressivo: come in quella sequenza dove lo smarrimento e la disperazione del protagonista nei confronti dei valori sui quali ha costruito la propria vita si traducono nell'impossibilità, davanti allo specchio, di annodarsi una cravatta ormai inutile.


Coproduzione internazionale poggiata su un cast egualmente cosmopolita (e Nick Nolte è grande nei panni del comandante dell'impotente distaccamento ONU) HOTEL RWANDA arrischiava di stingere in un suo tono naif, insopportabile confrontato ad un dramma smisurato. Ripiegandosi su sè stesso, rinunciando all'aspetto esteriore dell'epopea biblica per volgere uno sguardo alle motivazioni dell'intimo, al destino dell'uomo qualunque, il film finisce per porre i veri interrogativi. Sul cinismo di chi di quella tragedia ha creato le basi; per assistere poi allo spettacolo delle sue conseguenze nella consolazione offerta dal moralismo e dal fatalismo.


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