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COLLATERAL
(COLLATERAL)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 ottobre 2004
 
di Michael Mann, con Tom Cruise, Jamie Foxx, Jada Pinkett Smith, Mark Ruffalo, Javier Bardem (Stati Uniti, 2004)
 
Bolla itinerante, con il proprio capitale di umanità all'interno del contenitore impazzito di destini e umori di una metropoli moderna, lo spazio di un taxi ha fatto spesso da tramite allo sguardo cinematografico (basti pensare a culture cosi diverse che ci hanno dato TAXI DRIVER di Scorsese o TEN di Kiarostami) per ottenere alcuni dei suoi capolavori. E se COLLATERAL appartiene a questa cerchia ristretta è proprio grazie alla magia prodotta dalla qualità dello sguardo: la trasformazione, meglio, la convivenza poetica di un thriller che non si sottrae mai (anzi!) alle regole scatenate del genere con le vibrazioni di un ambiente, i rinvii astratti e nel contempo simbolici della Los Angeles meravigliosamente trasfigurata che accompagna l'azione.

Fragile, e persino risaputa, quella del film di Michael Mann è in preziosissimo equilibrio sulle unità di azione, tempo e luogo. Fin dal suo esordio incantato, del tutto insolito in questo genere di operazione, Max il tassista che esita un po' a sbalzo fra l'evasione nelle Maldive e la prospettiva di una compagnia milionaria di limousine, carica una bella ed intelligente avvocatessa, con la quale entrerà nell'intimità di un dialogo che le diversità sociali non riusciranno a perturbare. E che servirà, in una sceneggiatura di impeccabile circolarità, a concludere il thriller in maniera logica ed umana, lungi dalla scontate meccaniche del genere.

Inquadrature tagliate al millimetro, dialoghi pimpanti, una colonna sonora da sogno e degli attori impeccabili. Dalle sei di sera alle quattro del mattino, nella bolla traslucida dell'abitacolo di quella scatola magica, nelle trasparenze al neon che degradano dall'oro fasullo di quegli arancioni crepuscolari al viola ambiguo e violento della notte molle, nella favolosa manipolazione prodotta dall'uso del digitale, della video numerica del regista, l'impossibile è ormai reso plausibile. Sull'infilata delle palme rinsecchite che si stagliano contro il cielo solcato dai jet, o nell'incredibile introspezione verticale dai grattacieli sorvolati, la sorpresa di quell'intimità affettuosa si muta allora in inquietudine; quando il passeggero seguente sarà Tom Cruise, raffinato yuppie tecnologico che, in barba al suo celebre e coinvolgente sorriso (altra grande intuizione de film) scopriremo nelle vesti assai meno glamour del killer spietato. Max, l'autista premuroso perso nei propri sogni, e Vincent il sicario freddamente determinato nelle proprie mansioni: due specialisti scrupolosi nel proprio genere, due rapporti di forza inconciliabili e contrapposti. Fino alla terza delle liquidazioni in corso: fino a quella splendida sequenza immersa nelle atmosfere ovattate di un club di jazz, quando il calcolo impeccabile ed ormai affascinante del robot sembra incepparsi nelle contraddizioni di una natura umana scordata.

Dal respiro contemplativo con il quale siamo stati invitati a prendere conoscenza delle cose al crescendo sfrenato che ci avvicina al finale, dal contrasto con le pause di riflessione che si alternano alla dinamica furibonda di quelle di azione COLLATERAL compie il miracolo di fondere le regole di due generi altrettanto opposti come il thriller e l'indagine psicologica; apparentemente inconciliabili, come il cinema dello spettacolo e quello della riflessione artistica


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