Gli ippocastani, i viali di ghiaia, le ortensie, la palazzina borghese, la tavola con la cristalleria, lo scalone che sale ai piani superiori seguito dalla cinepresa. E' la provincia della Francia profonda, quella immutabile e sempre diversamente pronta a subire i colpi (è il cinquantesimo...) del bisturi di Claude Chabrol. Tradimenti ed incesti, omicidi recenti ed altri da tempo impuniti: che arrischiano di mandare all'aria la carriera politica di una Nathalie Baye in ottima forma: bisognerà poi vedere se bravamente determinata o più semplicemente cinica ed opportunista. Il tutto sotto gli occhi della decana (ma meglio si dovrebbe dire della sovrana, poiché ad interpretarla è Suzanne Flon), che è la prima a sapere d cosa parla quando afferma che "dalla notte de tempi, la maggior parte della gente vive da impostore: ma la chiamano civiltà" . Poliziesco? Non proprio, anche se è con il primo piano di un cadavere che si apre IL FIORE DEL MALE; ma il mistero è mezzo svelato. Analisi di costume tendente al grottesco, piuttosto. Nella quale giovani ed anziani, innocenti e colpevoli, passeisti e moderni finiscono per fondersi in una spirale perversa che scava l'opulenta provincia bordolese.
E' il terzo film che Chabrol ha scritto con la psicanalista Caroline Eliacheff, dopo LA CEREMONIE e GRAZIE PER LA CIOCCOLATA. E si vede: un crescendo, dopo il capolavoro terrificante di LA CEREMONIE, nella dissimulazione e nell'infamia, nella duplicità e nella delazione, immutabili come maledizioni sospese nel tempo da trascinarsi appresso.
Meccaniche perfette: che lo sguardo della regia di Chabrol non perde di vista nemmeno per un attimo. Solo un'occhiata furtiva a quanto sta succedendo attorno (la festa nel villaggio, un attimo di distensione su una spiaggia deserta; e, soprattutto, le visite un po' schifate su per le scale degli HLM alla ricerca di suffragi, con un profumo costante di Fronte Nazionale in sottofondo) per ritornare subito alla sua storia, in quelle serre tiepide dove si coltiva il fiore del male.