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GUERRE STELLARI - SPECIAL EDITION
(STAR WARS, EPISODE IV: A NEW HOPE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 ottobre 1997
 
di George Lucas, con Mark Hamill, Harrison Ford, Alec Guinness, Carrie Fisher (Stati Uniti, 1996)
 
Come ogni Star che si rispetti, GUERRE STELLARI rifà il proprio trucco. Vent'anni dopo, si ricostruisce una pelle ed una voce nuova, profittando delle più recenti tecnologie numeriche; e permettendosi pure qualche capriccio, che l'allora non ancora miliardario George Lucas non aveva potuto concedersi.

Cosi, la città sospesa, Cloud City, si è vista rialzare, grazie all'ordinatore, buona parte delle sue costruzioni; ed aumentare il numero dei suoi ineffabili passanti. Il night-club spaziale di Jabba moltiplicare i suoi avventori animalesco-spaziali, sfoggiare tre ballerine extraterrestri vagamente più sexy di quella della castigatissima edizione originale; e sfoggiare una vera e propria band di blues dai buffissimi musicisti proboscidati. Le truppe dell'Impero ora cavalcano splendidi dinosauri, le buffe vetturette urbane si sono moltiplicate, per non dire delle astronavi che costellano lo spazio. Persino un nuovo personaggio, il mitico umanoide Jabba, è stato modificato ed inserito, con la tecnica delle immagini virtuali, in una sequenza: ora è un immenso lumacone dagli occhi di lucertola, che si affianca ad Harrison Ford come fosse stato li da sempre...

Il liftaggio della Stella - oltre che dei due episodi che seguirono, THE EMPIRE STRIKES BACK (1980) e THE RETURN OF THE JEDI (1983) e che usciranno nel corso delle prossime settimane ulteriormente arricchiti - ha già avuto una conseguenza: quello di rimetterla alla testa degli incassi di tutti i tempi, dopo lo sgarbo consumato da E.T. Cosi che malgrado pessimismo del suo amico Brian de Palma ("ma che razza di tortelli ai rollmops hai cacciato sulle orecchie della principessa Leila?"), la previsione giusta fu insomma quella di Steven Spielberg ("c'è in questo film la medesima innocenza e meravigliosa ingenuità del mio amico Lucas: le gente l'adorerà, ed il film guadagnerà milioni di dollari"): GUERRE STELLARI incasserà 323 milioni di dollari, e la trilogia 1 miliardo e 300 milioni, più tre o quattro miliardi di quel merchandising che il film fu il primo ad introdurre.

Che GUERRE STELLARI non fosse solo paccottiglia, recitazione amatoriale di due protagonisti dalla pettinatura impossibile, storielle iniziatiche ispirate ad uno psicologismo primario sulle ricerca del padre, non necessitava di alcuna prova computerizzata. Ma la più scassata delle videocassette: che si trattasse di una favola ("Biancaneve ed i Sette robot", avevamo intitolato il nostro articolo su Azione del 22 dicembre 1977...) impregnata d'impagabile umorismo e poesia. E, soprattutto, profondamente radicata nei Miti dello Spettacolo.

GUERRE STELLARI non è infatti 2001 ODISSEA DELLO SPAZIO, il capolavoro di Kubrick. Perché non è opera di uno dei tanti cineasti americani originari - o comunque impregnati - di cultura europea: e quindi pensatori, filosofi, scettici. Kubrick non credeva nelle tecnica, nei robot: ed il celeberrimo finale, con il protagonista nella stanza-matrice abbagliante che si vedeva al tempo stesso feto e vegliardo, condensava tutti i dubbi che l'autore aveva nei confronti dell'infinito, nella sua relatività, in quella della storia.

GUERRE STELLARI era - e rimane senza un graffio - il prodotto di un giovanotto che ha visto l'uomo andare sulla Luna. E che si è nutrito di favole in forma di fumetto, di avventure traducibili - come da sempre nel cinema americano - in azione, cinetica pura. Non una storia, una progressione drammatica (tanto è vero che inizia- come ogni sequel che si rispetti - lasciando supporre che altri episodi precedano, e seguano) né tantomeno un ritratto psicologico: ma un assieme di ricordi (forse oggi - grazie rilettura - potremmo dire rinvii postmoderni), situazioni, schemi, personaggi dell'avventura, del mito. E, ovviamente, del cinema. Allusioni a quei personaggi favolistici: da Flesh Gordon a Tarzan, dai Lancieri del Bengala a Mandrake, da Biancaneve al Principe Azzurro, da Alice nel Paese delle Meraviglie al Mago di Oz. Ma pure cinematografici: cosi che l'attore-giovane ha gli occhi chiari come Cooper, e Harrison Ford è l'avventuriero cinico ed attacco ai soldi, ma che non esita generosamente a sacrificarsi come Humphrey Bogart. I due indimenticabili robot sono Laurel e Hardy, la scimmione-pilota Chubecca è King-Kong, oppure la Bestia di Cocteau; ed il grande Alec Guinness è il Samurai saggio ed onnipotente. Come tutto il cinema americano di quegli anni quello di Lucas rivisitava generi e valori: western e film di pirati, suspense e film di cappa e spada, musical (come nell'incredibile kitsch finale) e fantascienza. C'è il ricordo di METROPOLIS, come quello dell'Avanguardia francese, un'estetica divertita del tutto simile a quella della pop-art, ma pure la scelta di paesaggi naturali dalla bellezza emblematica: la Tunisia, la Valle della Morte ed il Guatemala della civiltà maya. C'è l'umorismo graffiante e poetico, che ha fatto il successo del film. E l'uso della dinamica, dell'effetto cinetico per far proseguire l'azione, entrato per sempre nell'uso del linguaggio. Non tanto basato sul trucco tecnologico (che nessun lifting computerizzato potrà mai contrabbandare): ma su un impiego meditato, istintivo e naturale di alcune leggi ottiche.

Mancava solo, in quel disincantato, tipicamente americano omaggio al sogno, la scritta finale "ritroverete i nostri Eroi in una prossima puntata". Fu cosa, come sappiamo fatta; ed ormai rifatta. Poiché ci annunciano quanto i fans attendono da vent'anni: una nuova trilogia. Tre "prequels", situati quindi cronologicamente prima di GUERRE STELLARI, seguiti da altri "sequels", che dovrebbero costituire i nove episodi inizialmente previsti per la saga. Girati da Lucas stesso (assente dalla regia dal 77) e quindi da Spielberg: il tutto per doppiare in allegria il capo del 2000.


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