Film frammentario e contraddittorio: come non potrebbe non esserlo quello scritto a due mani da un monumento del cinema di ottant'anni, disoccupato (scandalosamente) da tredici, a lungo malato e tuttora parzialmente diminuito fisicamente, coadiuvato nel portare alla luce l'opera da Wim Wenders. Che ha incorniciato i quattro episodi di Antonioni (tratti da quattro suoi racconti) di un prologo, di intermezzi destinati a legare il tutto, e di un epilogo: tutti interpretati da un John Malkovitch che rivisita i luoghi dove si svolgono gli episodi del maestro, da Ferrara a Aix-en-Provence, passando da Portofino. Una sorta di commento, di spiegazione ai posteri, di dissertazione basata sui dialoghi alquanto impossibili di Tonino Guerra, della quale (aldilà della generosità degli intenti) si sarebbe fatto volentieri a meno: perché i filmati di Antonioni, pur nei limiti di un contesto evidente, volano più in alto.