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CARRINGTON
(CARRINGTON)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 maggio 1995
 
di Christopher Hampton, con Emma Thompson, Jonathan Pryce (Gran Bretagna, 1995)
 
CARRINGTON è la somma di molti elementi, alcuni dei quali sublimi. Quello di Dora Carrington, naturalmente, pittrice e figura di culto della storia artistica inglese, morta suicida a 38 anni. Come spiega chi la interpreta, la grande Emma Thompson: "Una donna che ha difeso tutta la sua libertà in un ambiente intellettuale ed alla moda che amava la scandalo, ma che pure era molto attento alla forma. Dora si era tagliata i capelli quando tutte le donne li portavano lunghi, si faceva i vestiti da sé, era bella e segreta, accettava le lusinghe degli uomini ma l'esperienza sessuale non l'attirava. Detestava essere penetrata, essere posseduta ed invasa da un uomo, perdere il controllo di sé stessa."

È una delle ragioni della sua passione per il secondo degli elementi d'interesse del film, lo scrittore Lytton Strachey? Altro oggetto di culto per gli inglesi, l'autore di "Eminenti vittoriani" vicino all'intellighenzia del gruppo di Bloomsbury, a delle figure carismatiche della cultura inglese degli anni Trenta come Ottoline Morrell e Vanessa Bell che appaiono nel film. Ed alla grande Virginia Woolf, che il 17 marzo del 1932 scriveva nel proprio diario: "Carrington si è uccisa. Hanno fatto passare tutto per un incidente: il suo piede è scivolato mentre sparava ad una lepre... Ho l'impressione che certi fantasmi rimpiccioliscano: ad iniziare da quello di Lytton. A tratti, lo detesto. Ha annullato Carrington, l'ha obbligata al suicidio."

Per ragioni pratiche, la sceneggiatura di CARRINGTON si organizza sull'esistenza più lineare della pittrice che non su quella dispersiva dello scrittore da lei amato, più vecchio di lei ed ormai malaticcio. Soprattutto, dichiaratamente omosessuale. E che Jonathan Pryce - barba ed occhialini, piccole mosse e sentenze irresistibili - impersona con una forza, ed al tempo una grazia assolutamente formidabili.

L'indeterminazione sessuale e sentimentale della protagonista è l'indice (certo, frainteso fino alla patologia) del suo determinismo sociale, psicologico, morale: ma la figura di Dora Carrington rimane confinata in un flou che non giova al film. L'attenzione dello spettatore sembra rivolgersi ad altre contraddizioni, prima fra tutte quella prepotente di Lytton Strachey (da una biografia del quale, di Michael Holroyd, è tratto d'altronde il film). Ed è un errore quasi curioso per l'autore di CARRINGTON: quel Christopher Hampton alla sua prima prova registica, ma pur sempre autore di una delle più belle sceneggiature del cinema inglese degli ultimi anni, quella delle RELAZIONI PERICOLOSE di Stephen Frears.

CARRINGTON è allora film di grandi ingredienti (dialoghi, recitazione, soggetto, ambientazione, sobrietà delle inquadrature e di una luce pure colta, privo d'eccessi british degli Ivory minori), ma la somma dei quali non corrisponde a quella dei singoli componenti. Meglio approfittare, di conseguenza, di questi. Come dei dialoghi, che recitano: "Al party di un anno fa erano tutti o sordi, o francesi."Cos'ha mai fatto, per me, la posterità...? "Se è questo morire, beh allora è inutile farne un mucchio di storie...". O, ancora: "quando c'è di mezzo la vulva, sono disorientato".

Frammenti deliziosi, che solo la mancanza di un vero sguardo d'autore riesce a privare di un vero e proprio collante."


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