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ASSASSINI NATI
(NATURAL BORN KILLERS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 ottobre 1994
 
di Oliver Stone, con Woody Harrelson, Juliette Lewis, Tommy Lee Jones, Robert Downey Jr. (Stati Uniti, 1994)
 
ASSASSINI NATI è un film sconcertante: perciò, per il dibattito che sta provocando un po' ovunque , e forse solo per questo è un film da vedere.

È un film assai meno complesso di come può apparire a prima vista; diviso in due parti, come succedeva (ma i confronti finiscono prima ancora d'iniziare) nel capolavoro di Kieslowski, NON UCCIDERE. Nella prima, assistiamo ad una lunga serie di omicidi: totalmente gratuiti, eseguiti da due Bonnie and Clyde contemporanei, individui quasi geneticamente apportatori del male, due assassini-nati appunto, come dice il titolo. È una prima parte destinata a non farci indulgere in alcun modo nei confronti dei protagonisti, ad evitare qualsiasi tentazione d'identificazione. Nella seconda (introdotta da un cartello vecchia maniera, con la scritta " un anno dopo ") eccoci alla carcerazione. Ma, soprattutto, al modo con il quale la società assume in carica questo genere di personaggi: con poliziotto sadico e discretamente perverso, direttore di carcere ammalato del protagonismo più vizioso, ed il reporter televisivo. Pronto a qualsiasi compromesso (mentre filma l'evasione, abbandonerà la telecamera per mettersi a sparare contro i poliziotti) pur di aumentare l'indice di ascolto della sua trasmissione, American Maniacs.

Un discorso, insomma, certamente non inutile. E nemmeno inedito: nei confronti degli individui più efferati, nella repressione che segue la loro cattura, la società può comportarsi ancora peggio di loro. Vendicandosi in modo cinico poiché meditato ed organizzato (come diceva Kieslowski nella sua commovente requisitoria contro la pena di morte), oppure speculandoci sopra, mirando a quelle leggi del profitto che - da sempre - sono prese di mira dal cinema dell'autore di PLATOON: " Statisticamente, negli ultimi 20 anni la criminalità non è aumentata: ciò che è dilagato a dismisura è lo spazio che alla violenza hanno accordato i media ".

Perché, allora, le discussioni feroci, le divisioni radicali provocate dal film?Perché il cinema - non ci stancheremo di ripeterlo - nasce dalla qualità (dal rigore formale, e quindi morale) di uno sguardo: e quello di un cineasta come Oliver Stone è abile, talora ispirato e generoso, a volte ambiguo, pretenzioso e confuso. E quando il linguaggio è incerto, anche le idee (pure le meglio intenzionate) finiscono per apparire labili.

Proseguendo quanto intrapreso nel suo film, lucido ed efficace sull'assassinio di Kennedy (J.F.K.) Stone abbandona in NATURAL BORN quasi totalmente il principio della narrazione cinematografica tradizionale, della progressione drammatica basata sulla costruzione classica in sceneggiatura ed in regia. Fin dal prorompere delle primissime immagini, decide invece d'investire lo spettatore con una compressione di suoni (una virtuosistica, splendida colonna sonora, nella quale Berg e Puccini si fondono a Patti Smith, Leonard Cohen e tutto il patrimonio pop dell'America degli ultimi decenni), per non dire delle immagini. Dal 16 mm sgranato al bianco e nero ed alla video, dai disegni animati agli spezzoni di documentari e citazioni di western o film carcerari, dall'uso grottesco dei sitcom televisivi agli effetti speciali più seducenti; dalle sovrapposizioni e trasparenze anche un po' scontate, ai ritmi accelerati a quindi rallentati, alle incrostazioni più vistose di più sequenze, o alle immagini subliminali che s'introducono più o meno subdolamente nel delirio psichedelico della visione. Lo spettatore è cosi sottoposto all'aggressione di un'abnorme e convulso magma visivo: una sorta di immenso zapping milionario che finisce per diventare il vero, onnipresente protagonista del film.

A questo punto, sarà allora la qualità, il potere di seduzione di questo zapping a costituire il vero dibattito sul film: consideratelo ispirato, innovativo, stimolante, ed allora NATURAL BORN KILLERS vi apparirà come quella pellicola messianica - vera e propria fuga in avanti, a predire il futuro che ci aspetta - che sostengono i difensori della pellicola.

È quello che effettivamente è sostenibile per la prima parte del film: la più fresca, quella nella quale questa moltitudine di segni, da video-cineteca di fine-secolo saccheggiata, accompagna con un minimo di logica referenziale le avventure dei due protagonisti. E può anche tradurre l'assedio ossessivo del messaggio audiovisivo, del culto della violenza, del sesso, dell'arrivismo e del profitto al quale siamo sottoposti quotidianamente. Ma nella seconda - quando la convenzione delle soluzioni, l'eccessiva sottolineatura delle psicologie, l'assunzione di quegli stessi schemi che vorrebbe denunciare diventa flagrante, il procedimento di Oliver Stone mostra tutti i suoi limiti.

È come se (per eccesso di presunzione, per smania di protagonismo, per impotenza creativa?) il regista affrontasse non tanto un territorio linguisticamente inesplorato, e quindi affascinante e significativo per le sorprese che ci può riservare: ma piuttosto, un esercizio tecnico-spettacolare, per il quale l'autore non è poi in definitiva cosi portato. Privo quasi completamente di humour, invadente ed ingenuo (ma come si fa a non trovare nulla di meglio del solito documentario sulle sfilate hitleriane come sfondo alle violenze erotiche, per significare che tutte le sopraffazioni finiscono per assommarsi?) il cinema di Stone non ha certo la forza di quelli ai quali è giocoforza riferirsi: non la provocazione satirica e la divagazione poetica di quello di David Lynch, ma nemmeno quella cosi rigorosamente inserita in una disciplina formale com'è quello di Tarantino.

A furia di voler dire tutto, con tutto e di tutto, NATURAL BORN KILLERS finisce per mordersi la coda: poiché non siamo (giustamente, ci mancherebbe...) toccati dai due disperati, ecco che l'esecuzione del presunto responsabile (l'esagitato reporter televisivo) ci lascia del tutto indifferenti. Il film di Stone non è in definitiva né molto poetico, né molto provocatorio, erotico o persino...violento: piuttosto, semplicemente dimostrativo.

Le sue qualità (la generosità dell'assunto, la sfacciataggine dello stile, la determinazione intransigente dell'iniziativa, la dimensione del dibattito che finisce per provocare) sono progressivamente assorbite dal manicheismo delle situazioni e dei caratteri. Ed alla fine nessuno, ma proprio nessuno, riesce a credere a quanto Stone vuol dimostrare: che tutta la colpa è solo dei media.

La violenza è in noi, nel rettile che è in ognuno di noi, in quella animalità sulla quale le immagini del film ritornano incessantemente. Basta controllarla, questa violenza, invece di utilizzarla. Benissimo: ma cosa ne fa, l'Oliver Stone di NATURAL BORN KILLERS?


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